La Filctem Cgil sulla questione energia ed occupazione.

Affrontare il tema della produzione energetica a Brindisi non può essere una discussione avulsa dallo scenario energetico nazionale, che comunque determina e condiziona le scelte, gli investimenti e le ricadute occupazionali. La Strategia Energetica Nazionale (SEN) approvata dal Governo a marzo 2013, ha cercato di chiudere una lunga fase di incertezza programmatica, che ha superato la riproposizione del nucleare bocciata dagli italiani con il referendum. 


Tra gli obiettivi prioritari vi è la riduzione dei costi energetici in Italia che è uno dei principali fattori di svantaggio competitivo del nostro sistema industriale, con il progressivo allineamento ai costi europei, e, sul versante ambientale, la progressiva riduzione delle emissioni di CO2, l’efficientamento energetico, e l’implementazione di produzione da fonti rinnovabili. 

Le prospettive al 2020 sono delineate dal conseguimento anticipato di alcuni obiettivi posti dal Pacchetto Clima Energia, con un rapido sviluppo delle rinnovabili (+64% in 4 anni), grazie al forte sistema d’incentivazione, che ha sì contribuito alla riduzione delle emissioni di CO2 (-4,2% nel 2011) e del consumo di combustibili fossili, ma non ha, di fatto, portato alla riduzione del costo finale dell’energia. 


Si è registrato, infatti, da un lato un aumento complessivo di circa il 20% sulla bolletta derivante dal costo di oltre 11 miliardi di euro l'anno, per i prossimi 20 anni, dall’altro gli incentivi hanno scatenato sui territori, e tra questi anche su Brindisi, un dilagante fenomeno di malaffare. 

Dal 2008 in poi, gli effetti della crisi economica hanno portato ad un progressivo e significativo calo della domanda. Infatti i primi dati provvisori elaborati dal Gestore della Rete Elettrica Nazionale (Terna) sul fabbisogno 2013 registrano una flessione del 3,4% sul 2012 (che a sua volta aveva chiuso con un calo dell'1,9% sul 2011) 
Era dal 2009 che i consumi elettrici non andavano così male in quell’anno la domanda segnò un calo del ¬5,7% sul 2008. 

Nel 2013 il fabbisogno è stata soddisfatto per l'86,7% con produzione nazionale (di cui 56,8% termoelettrica, 16,5% idroelettrica, 1,7% geotermica, 4,7% eolica e 7% fotovoltaica) e per la quota restante (13,3%) dal saldo dell'energia importata dall'estero. 
La produzione nazionale netta (277,4 miliardi di kWh) registra un aumento dell’idroelettrico (+21,4%), fotovoltaico (+18,9%), eolico (+11,6%) e geotermico (+1,0%); e un calo del termoelettrico (-12%).



Da tutto ciò si evince la necessità che venga programmata, con maggiore certezza e a medio e lungo termine, la diversificazione delle fonti garantendo la riserva elettrica strategica, che ovviamente non può essere basata solo sulla produzione intermittente delle rinnovabili e che, quindi, richiede fonti certe come il termoelettrico a carbone, previsto al 20% dalla SEN al 2020 e, come chiede l’Europa, con spostamento al 2050 della decarbonizzazione. 

Ogni possibile programmazione va coniugata, comunque, con un meccanismo di “borsa elettrica” che, fatte salve le rinnovabili, armonizzi il mercato dell’energia. 

La situazione di incertezza e la mancanza di un piano energetico nazionale prolungatasi per troppi anni ha portato ad un proliferare di impianti produttivi con scelte non rispondenti alle reali esigenze. Nel termoelettrico, si è avuta la trasformazione a ciclo combinato degli impianti tradizionali a gas che oggi non sono più competitivi sul mercato. Inoltre la riconversione e/o l’innovazione dei processi produttivi, sono spesso bloccate dalle lungaggini degli iter autorizzativi.

C’è infine la dismissione di vecchie centrali non più utilizzabili.
Tutto ciò sul piano occupazionale significa ricorso agli ammortizzatori sociali e perdita di posti di lavoro. 

Sul nostro territorio per la Centrale Edipower di Brindisi è stato sottoscritto un Contratto di solidarietà, per un anno con scadenza a Dicembre 2014, che garantisce l’occupazione dei lavoratori diretti con una riduzione del 50% di prestazioni e retribuzioni. 

Per ENEL arriva la dismissione della Centrale di Bari, mentre a Brindisi la progressiva e costante riduzione della produzione e di conseguenza del carbone, rischia di essere un alibi per annunciare operazioni di un drastico ridimensionamento degli occupati, della presenza e dell’impegno sul territorio dopo aver incassato per anni utili a gonfie vele.



Si è già in presenza di inaccettabili esempi. ENEL - Produzione non intende certificare il pesante numero di carenze di personale nella Centrale di Cerano che verrà ulteriormente incrementato con i prepensionamenti che l’azienda ha predisposto. ENEL - Direzione Ingegneria e Ricerca, contravvenendo a tante dichiarazioni e impegni formali di potenziamento e sviluppo, decide di tagliare il personale del Centro Ricerca ENEL di Brindisi, compromettendone funzionalità e la futura esistenza. 
ENEL rinuncia così alle attività per la valorizzazione dei residui termoelettrici, alla valutazione del danno sanitario, al monitoraggio e riduzione degli impatti ambientali, alle previsioni di producibilità eolica e solare e alle rinnovabili innovative. 

Si rinuncia a quell’innovazione dei processi produttivi della Generazione ENEL per i quali, nel nostro territorio, Centro Ricerca e Centrale Federico II°, sono i luoghi ideali per sperimentare e verificare nuovi assetti produttivi per resistere alle sfide dei mercati, con una vera e propria strategia produttiva di sito, favorendo la produzione da filiere corte di biomasse/biocombustibili e verificando la possibilità di utilizzarli quali complementi in co-combustione con il carbone o come fonti alternative. 



Tra i contenuti della SEN vi è anche l’indicazione di dotarsi di gasdotti per la garanzia di nuovi approvvigionamenti in Italia superando le criticità dei pochi collegamenti con i paesi produttori. 
Questa reale condizione non può però essere politicamente strumentalizzata come nella vicenda TAP, spingendosi a ipotizzare impieghi di quel gas nella Centrale ENEL di Cerano, per giustificare alternative ai percorsi ed agli approdi. 

Su questa opera, ritenuta strategica dal Parlamento Italiano bisogna ultimare l’iter procedurale dopo il motivato NO della Commissione Regionale Puglia sulla VIA. Spetta alla società valutare e presentare possibili approdi alternativi. 
A nostro giudizio ribadiamo sia utile riutilizzare i siti industriali dismessi invece di consumare e compromettere nuovo territorio con diversa vocazione. 

In un’ottica di programmazione energetica in Puglia sono ancora attuali i riferimenti e le linee guida contenute nel Piano Energetico e Ambientale (PEAR).
Per Brindisi è necessario verificare la realizzazione degli investimenti per la riduzione delle emissioni della bolla ambientale al di sotto di quelle indicate nel DPR del 1998 sull’Area a Rischio di crisi ambientale, fissati e decisi al tavolo tecnico istituito nel 2005 da Regione Puglia, Provincia e Comune di Brindisi con i tre produttori di energia di allora ENEL, Edipower ed EniPower, cui oggi va aggiunto l’impianto SFIR. 

Dopo i Decreti Ministeriali di Autorizzazione Integrata Ambientale a cui tutti gli impianti industriali di Brindisi sono stati sottoposti è indispensabile un attenta analisi sulle materie e le prescrizioni contenute nell’ottica di un sempre maggiore contenimento delle emissioni e sull’utilizzo delle migliori tecnologie.



In merito agli assetti industriali non è possibile una valutazione solo politica degli investimenti, ma bisogna partire dalle valutazioni tecniche di compatibilità ambientale dei progetti presentati. 
Questo tipo di approccio va adottato sempre e comunque. Ad esempio, nel caso del progetto di Edipower/A2A per la Centrale di Brindisi Nord, complessivamente interessante, considerando: lo smantellamento dei Gruppi 1 e 2 (non più attivi dal 2001), il funzionamento di un solo gruppo di produzione, gli adeguamenti impiantistici con l’ipotesi di co-combustione con combustibili alternativi che possono contribuire alla chiusura del ciclo dei rifiuti per quella parte marginale di cui non è possibile prevedere un riuso così come indicato nel recente“ Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani” (PRGRU) varato dalla Regione Puglia. 



Sul versante ambientale e sanitario: l’unica strada possibile è accettare la nuova sfida e verificare a livello scientifico le eventuali correlazioni tra emissioni degli insediamenti, processi produttivi e valutazione del danno sanitario, per poter fornire, a lavoratori e cittadini dei territori interessati, tutte le garanzie e le sicurezze di tutela della salute e poter pretendere dalle Aziende, ove ritenuto necessario, ulteriori innovazioni e adeguamenti impiantistici e dei cicli produttivi.

Come FILCTEM CGIL, riteniamo fondamentale che ogni discussione debba considerare strettamente correlate le esigenze del mondo del lavoro, la tutela della salute e dell’ambiente puntando ad uno sviluppo quali-quantitativo dei siti produttivi e dei livelli occupazionali dei lavoratori diretti e dell’indotto.
Ne consegue che sta nella responsabilità della politica saper conciliare tutto questo per una ripresa economica di un territorio già fortemente compromesso. 



COMUNICATO STAMPA FILCTEM CGIL

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