Uilp: con il governo Renzi molto da "fare" e da "rifare".

In questi giorni vi è un “straparlare” da parte del primo ministro Matteo Renzi e dei suoi ministri, che tutti noi ascoltiamo, leggiamo con piacere e forse anche ci crediamo. Sembra per noi della Uil pensionati di Brindisi che siano finite tutte le involuzioni sociali, provocate dai malgoverni di questi ultimi anni e questo giova a discostarci dal pessimismo che è in Noi. Alcune riforme in atto hanno assunto carattere strutturale; altre hanno bisogno, invece, di valenze correttive ed infine, molte “da fare” e “da rifare” .

Sono notizie veritiere, forse false, semplici allusioni, verità nascoste o promesse non compromettenti in vista della campagna elettorale europea? Occorre per la Uil pensionati che torni il sereno in un’Italia che ha bisogno di essere autorevole e combattiva. Serve volontà politica verso un nuovo patto sociale, dando valenza etica e servizi al cittadino.

Sono impensabili nel XXI secolo avere diseguaglianze sociali. I pensionati chiedono equità, sicurezza, lavoro e trasparenza. La crisi accentua le diseguaglianze: il 50% della ricchezza è nelle mani del 10% della popolazione.

I giovani sotto i 35 anni sono i più colpiti da questa crisi recessiva. Secondo i dati di Bankitalia metà delle famiglie vive con meno di 2 mila euro, mentre un 20% conta su un reddito di 1200 euro al mese. Un giudice, un pm, un medico, un ingegnere e un professore hanno tutti una laurea abilitante ma le disparità di reddito non rendono equità.

C’è chi guadagna più di 240 mila euro l’anno e chi ha un salario di 1300 euro al mese. Resta incredibile costatare, nonostante aver conseguito un titolo di studio gratificante, e dover accettare chi guadagna 20 volte più dello stipendio medio degli italiani, e che si lamenti.

Nelle classi sociali, termine usato ai tempi della rivoluzione francese, il livello di povertà relativa è del 14,1% con punte del 24,7% nel Mezzogiorno. La cosa scandalosa è che la fascia della popolazione più ricca abbia pagato meno tasse rispetto a quella più povera a fronte di un incremento generale della pressione fiscale che ha riguardato tutti. I ricchi in proporzione, hanno avuto un aumento di tasse inferiore rispetto ai poveri e al ceto medio.

Questo non è rispetto del sociale. I politici dovrebbero pensare al Bene Comune dell’Italia e della propria comunità. Il loro Vangelo è la Costituzione, nata dalle ceneri del vissuto dell’uomo. I pensionati si chiedono com’è possibile parlare di certezze quando una famiglia su tre è a rischio di povertà relativa e assoluta e vive senza lavoro e senza dignità sociale? Com’è possibile dare vita agli ammalati e ai figli con Handicap in casa? Occorrono certezze e servizi. I pensionati con il loro basso salario, frutto di un lavoro durato una vita, sono coloro che pagano le tasse, tutelano i figli e fanno da ammortizzatore sociale senza avere alcuna gratificazione ed essere considerati.

Sul sistema previdenziale, negli ultimi anni, è stata fatta una gigantesca operazione di cassa per lo Stato che porterà nel decennio oltre 80 miliardi. I pensionati chiedono la separazione tra Previdenza ed Assistenza (art..38 Cost..), come avviene in qualsiasi altro Paese. L’assistenza si finanzia attraverso la fiscalità generale, facendo pagare le tasse a tutti e non con la Previdenza. Questo sistema ha causato il ritardo pensionistico di molti lavoratori. Tutti vanno in pensione a 67 anni con la riforma Fornero. Il sistema delle pensioni, secondo la Uil pensionati di Brindisi, ha bisogno di correttivi; il governo Letta cercava, prima dell’estate scorsa, di avviarli. Rettifiche possibili che ne garantiscano l’adeguatezza delle prestazioni attraverso un ripristino dell’indicizzazione, l’avvio di un percorso di rivalutazione dei trattamenti e un taglio della pressione fiscale che, ad oggi, pesa per oltre il doppio della media OCSE. L’Integrativa pensioni si fa in rapporto all’età come avviene nei principali paesi europei.

I tagli si realizzano eliminando i particolari privilegi dei dipendenti di camera, senato, Quirinale, Banca Italia, Corte costituzionale, che tra scatti, automatismi e contributi figurativi lasciano il posto ben prima rispetto alla media italiana, e ch, come se ciò non bastasse, con il recente rinnovo del Contratto di lavoro hanno ottenuto congrui ed ingiustificabili aumenti. Le certezze di fare cassa sono un fil rouge che creano disagio e non facilitano i consumi; esse sono collocate nel decreto Salva del 16/2014, che contiene anche la possibilità a danno dei pensionati, dei cittadini e di tutti i contribuenti per i Comuni di aumentare le aliquote Tasi fino allo 0,08% su prime case o altri immobili. Lo ricordiamo che l’aliquota base ” Tasi” per la prima casa è dello 0,1%, quella massima è dello 0,25.

I Comuni però, hanno intenzione, per fortuna non tutti i sindaci, di alzarla con un ulteriore 0,08% portandola quindi, allo 0,033%. Per gli altri immobili la somma di Tasi e IMU non può superare l’1,06%; pure per questi immobili, però, i Comuni hanno la possibilità di applicare uno 0,08% aggiuntivo aumentando la tassazione fino all’1,14%. La nota esplicativa specifica, però, che lo 0,08% aggiuntivo deve essere spalmato fra le prime e le secondo case. Intanto nei Comuni stanno emettendo le delibere e il risultato danneggia i contribuenti rispetto a quanto pagato di IMU negli anni precedenti. A Milano ad esempio, la somma di IMU e Tasi sarà pari a una maggiorazione dell’1,14%, mentre a Torino l’aliquota sulla prima casa è allo 0,33% ma con detrazioni a 110 euro più 30 euro per ogni figlio, mentre sugli altri immobili si paga l’1,16%.

L’aumento in busta paga di 80 euro mensili per i redditi da 8 mila a 26 mila lordi rischia di penalizzare altre categorie di lavoratori non inclusi nel bonus IRPEF e particolarmente a rischio sono anche le categorie “deboli” come le mamme, i part-time, gli apprendisti e anche i cassaintegrati. A tenerli fuori dal bonus Irpef di 80 euro, pur avendone diritto, sarebbe la cosiddetta “capienza fiscale e contributiva”. In sostanza, per una serie di motivi, ci potrebbe essere il rischio che l’azienda non sia abbastanza “capiente” e quindi non sia nelle condizioni di poter compensare. Il rischio cresce nelle imprese di piccole dimensioni soprattutto in quelle in cui ci sono dei lavoratori in CIG, in quelli che percepiscono un reddito basso o part-time.

Per la Jobs Act il Decreto Lavoro (Dl 34/2014) del governo non porterà a un aumento delle assunzioni in Italia. Il 60% delle 120 mila imprese associate nel territorio nazionale non ha in programma l’assunzione di nuovi lavoratori: in pratica 3 imprese su 5 non incentiveranno occupazione. Le imprese chiedono di modificare il testo parlamentare. La criticità della manovra è “nel venir meno del piano formativo individuale “. Senza un piano formativo individuale è impossibile verificarne la coerenza della formazione, che il legislatore, invece, espressamente richiede al fine della legittimità contrattuale e, quindi, di una contribuzione da parte dell’Unione Europea.

Il giovane per la Uil pensionati chiede, invece, un lavoro che possa dare opportunità di formare famiglia e che sia accessibile, dandogli dignità e sicurezza, alla possibilità di dare e avere certezza alla richiesta di un probabile mutuo o di un credito per il bene comune suo e della sua famiglia che vorrebbe formare; altrimenti le Jobs Act sono il prolungare di un ritardo di un diritto del lavoro che non c‘è.

Il segretario responsabile

Tindaro Giunta

 

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