Di seguito l’intervento integrale che il consigliere Fernando Orsini in rappresentanza del gruppo “PD-Io ci credo” ha tenuto nella seduta consiliare del 30 giugno 2016

dopo le comunicazioni del sindaco sulla nomina di due nuovi assessori.

 

Signor presidente, colleghi consiglieri, signor sindaco, signore e signori della Giunta, concittadini presenti in questa sala ed all’ascolto per radio, consentitemi in apertura di rivolgere a nome del gruppo consiliare “PD-Io ci credo” – personalmente l’ho fatto già nei giorni scorsi attraverso facebook – l’augurio di buon lavoro ai neo assessori Antonella Catanzaro e Marco Calò per questa loro nuova avventura politico-amministrativa.

Un saluto lo rivolgiamo anche agli (ormai) ex assessori Roberta Denetto e Manuel Marchionna per il lavoro svolto al servizio di questa città nei 12 mesi che hanno rivestito la carica di assessori.

Il brevissimo tempo concessoci, non ci consente – come sarebbe stato anche auspicabile – un intervento articolato sulla situazione politico-amministrativa a seguito delle nomine degli assessori testé comunicateci dal sindaco e ciò anche in considerazione del fatto che l’Amministrazione Molfetta ha appena spento la sua prima candelina. Mi limiterò quindi ad esporre brevemente alcune nostre riflessioni in merito.

In ordine alle dimissioni dell’assessora Denetto, non riteniamo che vi sia granché da dire, se non il fatto di rispettare la sua scelta di natura personale, anche se – inutile nasconderlo – qualche dubbio che quella sia stata la ragione esclusiva del suo abbandono lo nutriamo. Ma, per dirla con il poeta, noi sappiamo ma non abbiamo le prove.  

Ben diversa è stata la gestione e poi la soluzione del “caso Marchionna”.

Di fronte alla lunga lettera nella quale l’ex assessore spiega le ragioni delle sue dimissioni, non si può far finta di niente e prenderne atto con un’alzata di spalle voltando la testa da un’altra parte.

Il comunicato del sindaco con cui è stato chiesto all’interessato di rassegnare le dimissioni è in perfetto stile doroteo e vogliono derubricarsi ad aspetti meramente personali questioni che invece rivestono un inequivocabile valore politico, come cercherò di evidenziare.

Un primo aspetto che non possiamo non sottolineare è la correttezza istituzionale di Marchionna. Vedete, non era del tutto scontato che per le motivazioni poste a base della richiesta del sindaco, l’assessore non sollevasse qualche riserva. In casi analoghi, molto spesso, vi sono state resistenze riverberatesi non senza conseguenze sulle Amministrazioni. Avrebbe anche potuto non raccogliere l’invito del sindaco e costringerlo a procedere con la revoca dell’incarico, cosa che sia sotto l’aspetto giuridico-formale che politico, poteva aver ben altri sviluppi. Basti pensare, che in tal caso – lo dico evidentemente solo in linea teorica – se il destinatario del provvedimento di revoca lo avesse impugnato, la motivazione addotta dal sindaco Molfetta, palesemente debole, difficilmente avrebbe retto il vaglio di un giudice amministrativo.

Ma non è questo evidentemente quel che più ci preme evidenziare in questa sede.    

Il dato politico palesatosi è che ci siamo trovati con un sindaco che in una manciata di ore ha “defenestrato” – perché di questo si è trattato – un assessore, reo di aver “abusato” del rapporto fiduciario che necessariamente si instaura fra sindaco ed assessore al momento della nomina.

E la motivazione addotta dal sindaco per giustificare questa incrinatura qual è stata? L’avere l’assessore querelato – senza averlo preventivamente avvertito – un giornalista che in una duplice circostanza aveva sostenuto che nella gestione di un progetto per il finanziamento regionale per laboratori urbani, il Comune ha «dirottato» soldi pubblici da una struttura che aveva i requisiti per «usufruire» di quel finanziamento verso un’altra che invece non aveva quei requisiti (V. articoli Quotidiano del 27 Maggio e 14 Giugno, circostanze ribadite poi nel pezzo giornalistico del 19 Giugno con cui si dava conto proprio della richiesta di dimissioni del sindaco a Marchionna).

In sostanza, il sindaco ha ravvisato nel fatto che sia stato tenuto all’oscuro della presentazione di una querela, una scorrettezza meritevole di sanzione – visto che al sindaco piace il gergo calcistico – non con semplice richiamo verbale, non con un’ammonizione, ma addirittura con quella più grave: l’espulsione!

Veda, sindaco, se dovesse ogni giorni applicarsi lo stesso metro di misura in tutte le realtà amministrative d’Italia, la parola “giunta” avrebbe serie difficoltà per trovare ancora spazio sui vocabolari italiani, tanti essendo coloro che sarebbero costretti a lasciare i loro incarichi per fatti anche un po’ più gravi di quello di cui stiamo discutendo.

Ma non è neanche sul rapporto personale e sul reciproco rammarico – quello messo in risalto dal sindaco nel suo comunicato e dall’assessore nella sua lettera – che vogliamo indugiare. Gli stati d’animo sono aspetti che non rientrano – come dire – nelle categorie politiche e, pertanto, le espungiamo dal nostro dibattito, magari limitandoci solo a rammentare l’insegnamento di Nenni, quando ricordava che «la politica non si fa con i sentimenti…figuriamoci con i risentimenti».        

Gli interrogativi che invece non possiamo non evidenziare son ben altri e sono tutti di natura squisitamente politica.

Si può veramente pensare che uno “sgarbo” sul piano personale sia stata la causa scatenante per mettere alla porta un assessore nei confronti del quale in più occasioni – l’ultima meno di due mesi prima – lo stesso sindaco aveva tessuto elogi per l’attività amministrativa, per l’impegno «meritorio» (questo il termine usato in sede di dibattito sul bilancio di previsione il 22 Aprile scorso) per aver ridotto – e non di poco – la spesa sociale diretta?  

Ed ancora: si può seriamente pensare che sia giusta sanzione la “cacciata” di un assessore che ha fatto – magari, come dire, eccedendo in legittima difesa e con modalità su cui si potrebbe anche discutere – qualcosa che avrebbe dovuto fare il sindaco e che, invece, non ha fatto. Perché – e arriviamo alla questione non più eludibile da parte del sindaco – di questo si tratta: il Consiglio comunale e con esso anche la Città ha il diritto e, per converso, lei ha il dovere di dire una parola chiara sulla vicenda amministrativa sottostante. Lei che non è stato mai avaro di parole, a tutt’oggi non ne ha mai detta neanche una in merito, il che non è di trascurabile importanza.

Perché delle due l’una: o i fatti riferiti (non le opinioni) su “Quotidiano” sono infondati e, pertanto, oggettivamente potevano rivestire gli estremi di reato, e per essersi “ribellato”, stante l’inerzia del sindaco, benché più volte messo in guardia dallo stesso assessore (come evidenziato nella sua lettera dall’assessore Marchionna), lo stesso assessore viene messo alla porta o, viceversa, i fatti descritti dal giornalista sono veri o anche solo verosimili, ma in tal caso, stante l’indubbia gravità, non doveva essere solo l’assessore ad abbandonare anzitempo il terreno di gioco, a “pagare il conto”. Questo è il dato politico più rilevante, anche per quel che ha poi riferito l’assessore nella sua lettera sulla quale, non avendone il tempo, ometto di soffermarmi diffusamente. «Ricordi il mio malessere dopo aver letto l’articolo in questione? Avevo o non avevo evidenziato la “rilevanza istituzionale che annettevo alla notizia?… Avevo o non avevo chiesto un tuo intervento?»: sono queste le domande che le pone l’ex assessore e che non hanno ricevuto risposta!    

Ecco, vedete sindaco e colleghi consiglieri, noi senza alcun infingimento e non nascondendoci dietro ad un dito, lo diciamo qui con chiarezza. Dietro questa storia sentiamo un tanfo politico: era ormai nell’aria che dovesse consumarsi questo passaggio e l’iniziativa di Marchionna, che paga paradossalmente il fatto di aver voluto scrollarsi di dosso un’accusa indubitabilmente insopportabile per un amministratore e per un’intera Amministrazione – quella di privilegiare un soggetto a danno di un altro, ancor più grave se il beneficiato non abbia addirittura i requisiti – è stato solo il pretesto per accelerare un processo politico che era già sulla rampa di lancio e non aspettava altro che l’occasione propizia per decollare. Per quel che riusciamo a decifrare noi, il peccato più grave dell’ex assessore non è stato tanto quello di aver tenuto all’oscuro il sindaco di una sua iniziativa quanto di essere incorso in fatti e comportamenti che abbiano disturbato politicamente. Insomma, essersi reso autore di un delitto di lesa maestà che, per chi non ha coperture politiche, non può sfuggire ad una sanzione, ed anche grave.  

E d’altronde, la “natura squisitamente politica” delle sostituzioni operate (al di là delle persone chiamate ad assumere quelle responsabilità, sulle cui qualità non abbiamo evidentemente alcunché da dire), non fanno che suffragare questa nostra idea.

Lei potrà procedere a tutte nomine e sostituzioni che vuole, anche una al giorno, non possiamo essere certamente noi ad impedirglielo, avendo, peraltro, l’immutato sostegno della sua maggioranza.

Ma a noi non ci potrà essere negato di pensare che quell’aura di “nuovismo” e di “civismo” con cui aveva esordito innanzi a questo Consiglio comunale un anno fa, quel rivendicare orgogliosamente le sue scelte fuori ed al di là dei soggetti politici, oggi è naufragata, si è dissolta inesorabilmente. Vecchi rituali della politica, quegli stessi che lei aveva fortemente stigmatizzato il 13 Luglio dell’anno scorso all’atto della presentazione della sua Giunta al Consiglio comunale, sono tornati prepotentemente in auge ed il fatto che i nomi dei due assessori siano stati annunciati molto prima che lei formalizzasse la loro nomina, ne sono la dimostrazione più evidente.

Aver abiurato quella concezione proclamata a gran voce l’anno scorso, oltre a minare la sua credibilità politica, non può che esporla alle critiche provenienti anche da coloro – i mugugni penso non siano giunti solo ai nostri orecchi – che avevano condiviso il suo progetto, ed anche se un po’ a malincuore, anche la scelta degli assessori. La nostra buona educazione istituzionale – benché qualcuno sia convinto del contrario – ci impone di non entrare in queste avvisaglie, che lasciamo interamente alla sua responsabilità ed a quella della maggioranza che la sostiene, ma non ci esime certamente dall’evidenziarle all’opinione pubblica, avendo un sicuro riverbero sulla Città.

Io non ho il tempo di rileggerle quel che lei innanzi a questa Assemblea sostenne difendendo vigorosamente i suoi assessori, il loro «coraggio» perché si «trovavano davanti ad un impegno strenuo, arduo, difficile» nell’accettare con «passione» la sfida e l’incarico cui lei li aveva chiamati. «Bisogna trattarli con rispetto e con i guanti» tuonò lei in quell’occasione, aggiungendo: «la difendo io la mia giunta…su cui scommetto da ora e per la fine di questa legislatura…».

Io non ho alcun dubbio che le parole che lei ebbe a pronunciare in quell’occasione fossero autenticamente sincere ed appassionate; ma con altrettanta convinzione le dico – e lei non dovrebbe fare fatica a convenire con me – che quel che hanno rappresentato è oggi sotto gli occhi di tutti, si sono rivelate quasi del tutto prive di significato, di valenza politica, fragili, molto fragili.

Quella scommessa – lo dico con tutto il rispetto per la sua gravosa funzione e per la sua sempre più «non invidiabile e faticosa solitudine» – lei l’ha persa, ha dovuto fare una clamorosa marcia indietro per soddisfare appetiti che in un primo momento era riuscito a domare. E, tuttavia, può essere utile a ricordarle che, specie in politica, talvolta bisogna avere l’umiltà di non assumere posizioni assolutiste quando poi la possibilità di essere smentiti di lì a poco è sempre in agguato.

Ricorderà che Manzoni nella sua “Storia della colonna infame” ammoniva che «è men male agitarsi nel dubbio, che il riposar nell’errore». Per quanto mi riguarda, io ho sempre cercato di evitare i due scogli estremi: non dubitare di nulla e dubitare di tutto.

Grazie.            

 

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