L’era Kissinger (di Michele Graduata)

All’età di cento anni, si è conclusa la vita terrena dell’ex Consigliere per la sicurezza nazionale,

e poi Segretario di Stato, Henry Kissinger che, per una lunga stagione, ha condizionato le sorti dell’intera umanità.

Di origine ebraico-tedesca, a seguito delle persecuzioni naziste, nel 1938 con la famiglia si trasferì negli Stati Uniti dove, nel 1950, si laureò ad Harvard.

Dopo due secoli di dominio globale della Gran Bretagna, tra la Prima e la Seconda guerra mondiale, apparve chiaro che lo scettro stava per passare di mano. In un’America, destinata a decidere le sorti del mondo, fu istituito il Council on Foreign Relations, il primo think tank di politica estera, con lo scopo di definire il ruolo che doveva svolgere la nuova potenza emergente.

All’interno delle scienze sociali si affermò la nuova disciplina delle relazioni internazionali.

I suoi cultori, al fine di ridurre la complessità del mondo, si specializzarono nell’elaborazione e diffusione di teorie, intese come selezione degli eventi e semplificazione della realtà. Fra questi, nel corso degli anni Sessanta-Settanta, si distinse subito il professor Henry Kissinger seguendo, prima, il democratico Kennedy e, poi, consigliando il miliardario Nelson Rockefeller nelle presidenziali del 1960 e del 1968 per il partito repubblicano.

Partendo dall’assunto che il nuovo mondo, dopo la Seconda guerra mondiale, era ormai dominato da una “bipolarità militare” incentrata su Usa e Urss e da una “multipolarità politica” per la presenza sulla scena internazionale di nuovi soggetti come l’Europa, il Giappone e i paesi emergenti, giunse alla conclusione che compito dell’America era quello di accumulare il massimo potere militare per garantire la sicurezza, realizzare l’interesse nazionale e assicurare un sistema di equilibrio fra le forze in campo, reso indispensabile dall’impossibilità di una guerra nucleare.

Per raggiungere questi obiettivi, calpestò le più elementari regole del diritto internazionale appoggiando il terrorismo di Stato, sostenendo le dittature latino-americane, promuovendo il bombardamento della Cambogia, l’espansione della guerra in Indocina, il massacro della popolazione del Bangladesh, la promozione del colpo di stato a Cipro e compensando la sconfitta americana in Vietnam con la fine dell’esperienza democratica di Salvador Allende in Cile.

Infine, per controbilanciare la potenza sovietica, sfruttò i timori cinesi sviluppando rapporti diretti con questi ultimi convinto che “Quando hai due nemici, devi rivolgerti verso il più debole, non verso il più forte, anche se non in modo di essere colto sul fatto”.

Tristemente famosi sono: la sua concezione della democrazia: “Non vedo la ragione per cui un paese debba diventare comunista a causa dell’irresponsabilità del suo popolo” e l’appello rivolto al governo israeliano: “Spezzategli le ossa (ai giovani palestinesi) ma prima fate attenzione che non vi siano in giro macchine fotografiche”. Per tutti questi “meriti” fu insignito del premio Nobel per la pace.

Lo scandalo del Watergate, che nel frattempo aveva scosso larga parte dell’opinione pubblica americana e mondiale, costrinse l’8 agosto 1974 alle dimissioni il presidente americano Nixon, ma non all’uscita di scena di Kissinger che, ancora nella recente congiuntura, ha insistito nel consigliare le élite occidentali a non regalare la Russia nelle braccia della Cina, ma di utilizzarla contro di essa.

Michele Graduata

01.12.2023

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