Il cenacolo dei sinistrati (Movimento Libero e progressista)

Ogni anno nella notte di San Silvestro c’è l’usanza di riunirci in un cenacolo 

dove dar libero sfogo al nostro estro, sciorinare la nostra colta intellighenzia ed esibire all’occorrenza la voracità delle fauci. Quest’anno  è successo un fatto strano. Statemi a sentire.

Abbiamo cominciato a discettare di Marx, Schopenauer e Pasolini finché non sono arrivati gli arancini, le cozze gratinate e i cantuccini . Poi quando il vino ha saturato tutti i pori del cervello la lingua ha sciolto il suo fardello ed è andata a battere sul dente che più duole: la Politica con la P maiuscola e quella di casa nostra con la p minuscola.

“Non è più possibile sopportare oltre le angherie di questo governicchio di incapaci e supponenti che avanza a suon di fesserie, che distribuisce incarichi e prebende per rafforzare un consenso schifosamente clientelare” Disse Franco iracondo e paonazzo mentre la crema gli scivolava ai lati della bocca, proprio lui che non se ne era mai fregato un c…zo. 

“Sotto a chi tocca” replicò  Amleto il “Glicerofosfato” (studente di chimica) visibilmente eccitato “Chi vuole  rincarar la dose?”. E subito rispose di rimando l’amico forestiero dell’Armando . “ Cosa dire di  questa  patina dorata fatta di ciclamini, di decorazioni dozzinali,  di vasi di creta  che sembrano orinali? Non vi sembra il trionfo del cattivo gusto? Non sarebbe  forse bello lasciar  il cuor della città  libero da ogni orpello, da ogni arbusto?” 

 “ GIUSTO!” Sentenziò  la Teresina  che non mangia mai la foglia ed ha il veleno sempre pronto nella tasca della maglia “ E che  dire di questo clima  perennemente festaiolo che rende tutto surreale come se la città fosse dentro un infinito Carnevale, allestito  a bella posta per dimenticare le strade dissestate, i giovani   disorientati, la povertà che morde alle caviglie, lo sviluppo economico e sociale arenato sul più bello..”  e ancor continuò “ Ma  vi pare possibile  che gli appalti sotto soglia  vadano sempre nelle stessa direzione, che non lavori se non hai una raccomandazione e che solo  pochi imprenditori  gozzovigliano sotto l’ombrello dei santi protettori?!! Possibile che siamo così rincitrulliti da  non  a capire quanto  sia profondamente degradato  il vivere civile?

Io ascoltavo allibito e divertito. Mai sentito di giorno o in qualche parte vergato tanto dissenso così aspramente esibito.  Sogno o son scetato? Poi ad un tratto:“Basta!!”  tuonò impetuoso il capo branco  che era il più alto in grado per esser stato un tempo consigliere comunale .“ Bisogna riproporre  la QUESTIONE MORALE” 

Ma mentre ancor si infervorava e si compiaceva del suo parlare, il quadro di Enrico Berlinguer, fissato alla parete laterale, si schiantò al suolo. Il vetro che ricopriva il volto dell’Enrico affranto, fece un volo, mi cadde proprio accanto e si ruppe in mille pezzi. Uno si conficcò nel dito dell’oratore , un altro lo trovarono nel brasato e un altro ancora fu ospitato nel piatto in cui giaceva una aragosta tremolante. Tanto fu il fragore  e la sorpresa che tutti sobbalzammo sulla sedia, la Teresina, colta da malore, cadde riversa sul pavimento trascinando giù tovaglia e vettovaglie.

 Scossi da quel lugubre presagio ci siamo tutti ammutoliti. Negli sguardi attoniti regnava il terrore – “Abbiamo forse irretito il gran manovratore ? Ci avrà  sentiti? Già perch’egli, com’è risaputo, controlla ogni  fiato”.

Fu allora che, constatato che tutti s’eran fumato le cervella, senza aspettar la mezzanotte, mi dileguai alla chetichella, lasciando quella casa del malaugurio, la mia frittella smozzicata e un pezzo di crostata.

“Ecco la supremazia morale della sinistra governista e cacasotto- ho pensato- parole, pensamenti e ideali in gran spolvero nel silenzio carbonaro della notte che si dissolvono come lupo mannaro quando spunta la luna a Marechiaro o quando sorge il sole dalle grotte.  Ma ormai non me ne faccio meraviglia, tutti abbiamo un costo, tutti teniamo famiglia, difficile urtare gli ingranaggi del potere, difficile rinunciare al compromesso - come disse don Pascale scendendo dalle scale “a ca nisciun’è fess”.

Così me ne tornai a casa costernato, trascinando, caracollante per la via, la bara della nostra democrazia.

 Strada facendo però son rinsavito ed ho pensato -  un'altra primavera prima o poi verrà – per ora prendo dalla vita quel che mi dà e non mi arrendo…e no che no mi arrendo … per l’onore mio e per il bene della mia città.

Per offrirti il miglior servizio possibile questo sito utilizza cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego in conformità della nostra Cookie Policy.