Pd, Amati e Mennea: “Cominciano congressi. Manifesto per uccidere partito elitario, dei benestanti, dell’alta società e del Né-Né”

Dichiarazione dei Consiglieri regionali Fabiano Amati e Ruggiero Mennea

sul percorso congressuale e sul manifesto d’idee per i prossimi congresso del PD, presentato oggi in Conferenza stampa.

“Siamo a un bivio. Dobbiamo capire se il PD vuole fare il PD e se ci troviamo nel posto giusto. Domani comincia il percorso congressuale nazionale e regionale, e per noi si tratta dell’ultima chiamata. Annunciamo con un manifesto d’idee, da sottoporre alla sottoscrizione di iscritti ed elettori, la nostra battaglia e il nostro tentativo di uccidere un partito in contrasto con se stesso e con le sue migliori intenzioni. E per far questo siamo disposti a tutto, anche a far valere le regole, spesso violate, a tutti i livelli.

Cominciamo una battaglia su idee chiare, Si-No piuttosto che Né- Né, su cui non può esserci mediazione se questa ci snatura e ci fa diventare il partito che pretendendo di rappresentare tutti finisce per non rappresentare nessuno.

Per salvare il PD e vincere c’è bisogno di un confronto drammatico, con primarie apertissime, dividendosi su persone e idee, accettando il rischio che chi perde vada via, ma smettendola di restare sospesi e senza far succedere mai nulla. Non idee generiche ma idee specifiche sui problemi più controversi, e in particolare su quelli della politica estera, economica, produttiva, sanitaria e culturale del Paese.

Idee per sostituire notabili e notabilesse, vissuti a spese  di una legge elettorale indegna e perciò impegnati solo a stilare liste elettorali per premiare adulatori senza coraggio, adulazioni senza idee e scelte di genere senza merito.

Vogliamo lavorare per un partito veramente popolare; non elitario, non tarato per rappresentare garantiti e benestanti, magari facendo finta di parlare al popolo in difficoltà. Un partito della realtà al posto di un partito dell’alta società. Un partito schietto e vero.

Il Pd in cui vale la pena militare, e se non fosse così sarebbe meglio uscire, è il partito che si fa coinvolgere dalla forza delle cose nuove da fare e che si chiama Avanti.

Una riforma dalle fondamenta che riguarda anche il Partito pugliese. Non ci sarà Pd in Puglia se non si affrancherà dalla soggezione al sistema di potere di Emiliano, partendo dal dire che Palese va rimosso per decine d’inadempienze su questioni salvavita e che le agenzie regionali non possono essere usate per attribuire incarichi per ricompensare delusioni politiche.”

Ecco il testo del documento firmato da Amati, Bora Mennea:

AVANTI

per un nuovo partito degli italiani

Per salvare il Partito Democratico e poi vincere, occorre un confronto “drammatico”, dividendosi su persone e idee, accettando pure il rischio che chi perde vada via, ma smettendola di restare sospesi e senza far succedere mai nulla. Non idee generiche ma idee specifiche fatte di “Si” e di “No”. Non discorsi lamentosi sulla mancanza di idee, guarda caso sempre negli altri, per consentirsi il disimpegno dall’obbligo di avere idee proprie.

Il PD deve decidere le cose da fare per difendere la maggior parte degli italiani. Non potrà mai salvarsi e vincere un PD che mette assieme realismo e illusioni, concretezza e miraggi; cose che assieme non stanno, finendo per rendersi antipatico a tutti.

Va cancellato il PD del “ma anche”, del tutto e del niente, in cerca di espedienti dialettici per fuggire nel momento della decisione. Il “ma anche” per non esplodere e restare uniti; ma l’unità, messa così, è una prigione e non una virtù.

Le sconfitte del PD sono il risultato dell’incapacità di offrire un’idea chiara di governo per l’Italia: anziché avere il coraggio di dichiarare la propria cultura riformista e di tracciare idee ispirate a quella cultura, il PD abbraccia la frustrante logica dell’autoconservazione utilizzando le regole del condominio e dei millesimi, con i proprietari degli appartamenti che per giunta non cambiano mai.

Notabili e notabilesse, agevolati da una legge elettorale indegna per un Paese democratico, e impegnati in una modestissima agenda politica, elaborata come atto d’esistenza in vita; inseguono suggestioni momentanee, movimentiste ed estemporanee senza radici né futuro e stilano liste elettorali per premiare adulatori senza coraggio, adulazioni senza idee, scelte di genere senza merito.

E allora primarie apertissime, soprattutto agli elettori perduti o a quelli che si potrebbero conquistare, senza test d’accesso manipolati con il vecchio e costoso sistema delle tessere, svolte con audacia e coraggio per indicare leader e idee.

Un uomo o una donna al comando, attorniati da un gruppo dirigente che condivida gli obiettivi e lotti per seguire la rotta stabilita. Ci dev’essere sempre chi vince e chi perde: è un imperativo di chiarezza oltre che una garanzia di responsabilità.

Solo nel PD l’ipotesi di mettere davvero qualcuno al timone, con tutto il carico di responsabilità, è meditata come minaccia antidemocratica. Ma voler mettere tutti al comando è retorica ipocrita; tutti al comando equivale a non governare e scegliere il metodo della più perdente convenienza, galleggiare per assicurarsi un minimo di seggi e passare le giornate a organizzare complotti o a sventarli, avendo cura di usare – altro terribile problema – un linguaggio buonista, perbenista, a tratti soporifero e buono per tutte le stagioni e per tutte le ragioni.

Non può essere così.

Serve un partito popolare e di massa, così come si può intendere nella società moderna e con gli strumenti della modernità, in grado di avere cuore per la maggioranza delle persone; no a un partito elitario, banale negli intenti, gestito con faziosità e tarato per rappresentare garantiti e benestanti, facendo però finta di parlare al popolo in difficoltà. Un partito della realtà al posto di un partito dell’“alta società”. Un partito moderno e non alla moda. Un partito allegro e contagiato dalla vita, piuttosto che triste e perbenista, politicamente scorretto quanto basta e in ogni caso schietto. Un partito capace di rappresentare la maggioranza dei cittadini: una cosa reale, vera, e perciò aderente alla realtà.

Chi vota PD deve scegliere un partito che opera in sintonia con l’Europa, la Nato e le organizzazioni internazionali dei paesi democratici. Con chiarezza e senza equidistanze, perché solo le larghe alleanze e il soccorso difensivo tra Paesi veramente democratici garantiscono la pace irreversibile e favoriscono i venti di libertà contro cui lottano le moderne dittature travestite da democrazie.

Un partito attento alle buone ragioni della maggioranza di tutte le generazioni; con una politica interna accordata alla politica estera e alle decisioni europee sugli argomenti del sistema fiscale e tributario, difesa, giustizia, istruzione, produzione e concorrenza; impegnato a garantire uguali prestazioni di servizi tra nord e sud del Paese, magari con riduzione delle autonomie regionali e rigettando le anacronistiche istanze di allargamento di poteri, funzioni e finanziamento statale.

Un partito in grado di rappresentare le virtù del mondo globale: di più ancora, un partito che voglia concorrere a potenziare il mondo globale, da abbracciare senza riserve come unico sistema adeguato a combattere ingiustizie e disuguaglianze, e per abbattere muri, costruire ponti e quindi facilitare scambi di persone, merci e servizi. In poche parole: il partito in grado di dire meglio e più forte cos’è il centrosinistra e la sinistra.

Un partito in grado di spingere sui diritti sociali, che convivono con la virtù dei doveri; sui diritti civili in concreto, fonti di sempre nuova libertà e perciò incompatibili con ogni pretesa di ritorno al passato o con strumentalizzazioni per finalità ideologiche; sulla prova scientifica come fondamento della decisione politica; sulla tecnologia; sul mercato; sul merito, inteso come uguaglianza nelle condizioni di partenza e come incentivo a competere per fare qualcosa di buono di sé stessi e del Paese, a vantaggio e per il bene di ogni ultimo.

Chi sceglie il PD deve sapere di votare un partito che rifiuta la descrizione adolescenziale dei problemi, quella che invece di risposte autentiche offre slogan campati in aria, con conseguenze spesso paradossali: l’egualitarismo a prescindere dall’uguaglianza; la giustizia negando il diritto; l’equità fiscale senza la qualità della spesa; l’ambientalismo dimenticando l’ambiente; la paesologia tralasciando il paesaggio; la prosperità limitando la produzione e il mercato; il pacifismo sviando sulla deterrenza; la sanità retrocedendo i diritti dei malati; la scuola riducendo i diritti degli studenti; l’università tollerando le caste; la protezione e valorizzazione dei beni comuni ritardando o evitando le gare per assegnarli; la cultura frenando la libertà di espressione e pensiero; il futuro contravvenendo alla prova scientifica e all’innovazione; la lotta alla povertà chiudendo gli occhi sui poveri; il disinquinamento ostacolando la tecnologia; il diritto del lavoro ritardando o impedendo i lavori.

Il PD vincente è un partito che si considera componente anche culturale della società e unione di governo per incidere sul futuro e sul progredire della Nazione, anche con politiche di sostegno economico alla natalità, senza nostalgie o idealizzazioni rassicuranti del passato; il PD vincente, insomma, è un partito che non si candida solo per sbrigare l’ordinario nell’’immobilità, se tutto va bene, ma che ha l’ambizione di tracciare una strada, di impostare una rotta, di indicare un progetto di largo respiro e di vasto orizzonte.

Il Pd vincente è un partito rispettoso della Costituzione, a cominciare dalla materia della giustizia e delle libertà personali, per cui poche e gravi devono essere le condotte previste come reato, smettendo d’attribuire al codice penale la funzione inappropriata di maestro d’etica. È un partito per la legalità, quindi contrario al populismo giudiziario e convinto che si sia colpevoli con decisione definitiva, ma non per sempre e lasciando integro per tutti il diritto di sperare. È un partito che considera ingiusta e inutile una sentenza emessa in ritardo, che rispetta la magistratura quale ordine autonomo e indipendente ma non come “il” potere da cui far dipendere i “veri” poteri. La giustizia riportata nel suo argine costituzionale è come conseguenza anche l’antidoto al diffondersi della burocrazia; un veleno iniettato a dosi massicce nel corpo dello Stato, per cui la parola procedimento non indica più un celere movimento ma una sosta senza speranza per accrescere il potere degli apparati e adottare un declino senza vie d’uscita.

Il PD vincente è un partito amico dell’industria, dei mestieri e delle arti, capace di trovare una sintesi tecnologica tra essi e l’incanto dell’ambiente, aperto al riuso e alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente con meccanismi premiali d’immediata applicazione, e perciò propenso a scommettere sull’incremento della produzione e della ricchezza come miglior sistema per ridurre il carico fiscale, non indebitarsi e tendere una mano concreta, e non a parole, agli italiani più poveri o che arrancano e stentano.

Il PD vincente è un partito impegnato a realizzare un nuovo sistema di welfare, incentrato - senza finzioni e per quando possibile - sui buoni servizi e sul reddito garantito per chi non riesce a trovare spazio nel mondo del lavoro, ormai estremamente esigente quanto a livelli di professionalità attesi. In questo solco emerge l’ipocrisia latente della formazione professionale, adeguata più alle esigenze dei formatori che alle domande del sistema produttivo, arrivando per questo sempre in ritardo agli appuntamenti con l’occupazione.

Il PD vincente è un partito in grado di pronunciare un “SI” razionale e deciso alle infrastrutture in generale e a quelle energetiche in particolare, che non solletica e asseconda distruttivi e insensati “NO-a-tutto”, capace di realizzare la transizione ecologica e di sintonizzarsi con la prosperità, la sicurezza ambientale e pure la pace. Fare affidamento, infatti, su fonti autonome e differenziate d’approvvigionamento energetico, valorizza la pace perché toglie dalle mani di stati non-democratici il ricatto delle materie prime per garantirsi prepotenze e aggressioni.

Il Pd vincente è un partito in grado di coniugare la risposta ai bisogni elementari con la sempre attiva rivoluzione verde e tutti i progressi della ricerca in agricoltura, sostenendo le innovazioni della genetica per aumentare la resa, ridurre l’uso di agrofarmaci e preservare le risorse naturali. La difesa del diritto al cibo, soprattutto per le persone più povere e svantaggiate, passa dall’innovazione e non dalla decrescita o da metodi di coltivazione legittimi ma più costosi e inaccessibili ai più, o addirittura fondati su pratiche esoteriche e magiche.

Il PD vincente è un partito che presidia il tema della salute, con parole chiarissime. A partire dalle cose solo apparentemente piccole: come le liste d’attesa, che in sanità hanno molte regole scritte e pochissime rispettate. A cominciare da quella dei tempi allineati tra prestazioni istituzionali e in libera-professione a pagamento (ALPI). Le prestazioni ALPI nascono per assicurare il diritto di scegliere il medico da cui farsi curare, ma finiscono per servire a scalare la lunga attesa per le prestazioni istituzionali. Un’ingiustizia scandalosa, in grado di creare un divario tra le diverse regioni e tra le persone, che va sanata anche sostenendo la sospensione automatica dell’ALPI qualora i tempi d’attesa non siano rispettati.

Il PD vincente è un partito che s’intesta una battaglia chiara e risonante perché gli stipendi degli operatori sanitari siano parificati alla media europea e la rete di assistenza territoriale sia diffusa e in grado di appagare almeno l’80 per cento della domanda di salute, sgravando dall’impegno sulle cure minori i grandi ospedali, possibilmente nuovi, efficienti, robotizzati e destinati alle malattie tempo-dipendenti, di alta-media complessità e con reputazione dipendente da alti volumi d’attività e perciò punto ottimale per l’erogazione della prestazione.

Il PD vincente è un partito che lotta per attivare e migliorare gli investimenti nella ricerca medica, con l’ambizione di superare la media europea e assumendosi la responsabilità di eliminare tutte le irragionevoli limitazioni alla sperimentazione. Anche la genetica medica, il futuro che entra velocemente in noi, non dev’essere più considerata una cenerentola: sequenziamenti, screening, profilo genetico e tutto ciò che serve alla tempestività della diagnosi e quindi maggiore efficacia delle terapie innovative, cambiando la storia naturale di moltissime malattie e facendo vincere la vita.

Il PD vincente è il partito del pensiero critico e della libertà d’opinione perché considera la conoscenza come un bene fondamentale e un diritto universale, in grado di generare cultura e quindi coraggio. Senza cultura non ci sono cittadini coraggiosi. Occuparsi di scuola e istruzione, portando alla media europea gli stipendi degli insegnanti, e finanziando la ricerca secondo standard europei di merito ed equità, significa pure lottare contro l’inamovibilità di chi ha demeritato e il baronato, per tornare a radicare nelle fibre della società scienza, coscienza e fantasia, occasioni di futuro e realtà.

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Questo è un Pd vincente, concretamente riformista: non una fabbrica di parole utili per non occuparsi di nulla o per tenere lontane le esigenze della realtà, cioè per spostarsi senza mai muoversi.

È il partito in grado di rappresentare gli uomini che si liberano, si danno forza e si fanno coinvolgere dalla forza delle cose nuove, da fare. È il partito che si chiama Avanti.

Fabiano Amati

Manuela Bora

Ruggiero Mennea

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