Dopo la Brexit, qualche ricordo di oltre 50 anni fa.

Dopo la Brexit sarebbe opportuno riconsiderare la vicenda inglese e l’avventura nell’Unione Europea.

Tra le tante cose scritte ricordiamo un articolo di Valeria Palumbo su “22 novembre 1967 - Il «no» di De Gaulle all’ingresso della Gran Bretagna nella Cee” pubblicato il 27 novembre del 2017 su “Corriere della Sera Digital Edition”

Cinquant’anni fa il Generale, Presidente della Quinta Repubblica francese, in una clamorosa conferenza stampa annunciò il veto all’ingresso britannico nel Mercato Europeo. Gli inglesi cercavano solo un’ancora di salvataggio per rispondere alle proprie difficoltà economiche e monetarie. Quello che mancava era «una reale condivisione di principi»

 

«La voglio tutta nuda», no. Charles De Gaulle negò di averlo detto dell’Inghilterra. Benché un giornalista gli avesse maliziosamente posto la domanda, durante la conferenza stampa del 27 novembre 1967, a proposito della richiesta della Gran Bretagna di entrare nella Comunità europea, lui, il Generale che in Inghilterra aveva trovato asilo durante la guerra, rispose altrettanto maliziosamente: «Remarquez que la nudité pour une belle créature, c’est assez naturel et pour ceux qui l’entourent, c’est assez satisfaisant...», «Notate che la nudità è assai naturale per una bella creatura e molto soddisfacente per coloro che le stanno intorno… ma quale che sia il richiamo che io provo per l’Inghilterra, non ho mai detto una cosa del genere…».

 

Una conferenza passata alla storia

Era brillante il Generale nelle sue conferenze stampa (nella foto sotto Ap, durante un’intervista televisiva). Ma quella del 27 novembre 1967, 50 anni fa, è entrata addirittura nella storia. Perché, tra le varie questioni affrontate, dai confini dalla Polonia al diritto all’esistenza di Israele, il presidente francese (in carica dall’8 gennaio 1959 al 28 aprile 1969) parlò molto a lungo della richiesta dei britannici di entrare nella Cee. E si oppose. Lo aveva già fatto e aveva già spiegato la sua personalissima idea di Europa: una sorta di alleanza continentale economica e politica che facesse perno sulla Francia e si fondasse sulla neo-alleanza tra Parigi e Bonn (la Germania era allora divisa). Nell’opporsi alle trattative con Londra, De Gaulle aveva acutamente individuato alcune caratteristiche che, a suo parere, rendevano l’ingresso britannico impossibile, a meno che gli inglesi non avessero rivoluzionato il loro modo di «stare al mondo». Non troppo paradossalmente, queste note si rivelano attuali proprio mentre, anziché tentare disperatamente di entrare nel Mercato comune, la Gran Bretagna cerca di uscirne senza troppi danni 

  

Il ruolo ritrovato della Francia dopo la guerra

De Gaulle doveva moltissimo alla Gran Bretagna che l’aveva accolto, quando, in disaccordo con il governo Pétain di cui faceva parte, si era opposto all’armistizio con i tedeschi. Dalle frequenze della Bbc, il 18 giugno 1940, aveva lanciato quell’appello alle forze armate francesi divenuto poi il segnale d’inizio della Resistenza. Ma la vittoria lo aveva convinto che la Francia aveva ritrovato il suo posto tra le potenze e che potesse giocare a tutto campo. Non da sola, in Europa, ma con un ruolo egemone. E soprattutto non in totale sintonia con i britannici. Già nella conferenza stampa del 14 gennaio 1963, De Gaulle aveva insistito che la «natura insulare» dell’Inghilterra ne rendeva diversi gli interessi e il sistema economico rispetto ai sei Stati continentali che, il 25 marzo 1957, avevano firmato i cosiddetti Trattati di Roma, il più importante dei quali istituiva la Comunità economica europea 

 

Un’adesione senza trattative

In quel 14 gennaio 1963 De Gaulle affermò, fra l’altro, che «è possibile che un giorno l’Inghilterra riesca a trasformarsi abbastanza per far parte della Comunità europea senza limitazioni, senza riserve e senza fare distinguo. In quel caso i Sei le apriranno le porte e la Francia non opporrà obiezioni, benché, evidentemente, la semplice partecipazione della Gran Bretagna alla Comunità ne cambierebbe considerevolmente la natura e la dimensione». Ma, concludeva il presidente, al momento queste condizioni non esistono e quindi, anche se le trattative tra Londra e Bruxelles dovessero fallire, nulla impediva di stabilire con la Gran Bretagna accordi di stretta collaborazione economica. Di fatto fu lui a far fallire quelle trattative. Il principio era: se la Gran Bretagna voleva aderire alla Cee non ci dovevano essere trattative. Ne doveva accettare principi, regole e costi. Altrimenti la forzatura che avrebbe imposto agli altri avrebbe minato le basi stesse del Trattato di Roma. Che l’atteggiamento della Gran Bretagna a tale proposito fosse contraddittorio era stato chiaro fin dal principio. Era dal 1961 che Londra tentava di aderire alla Cee 

  

Una richiesta dettata da difficoltà economiche

Secondo De Gaulle, nel 1967 si era al quinto «atto»: nel 1958, raccontò il generale nella conferenza stampa di 50 anni fa, Londra si era rifiutata di partecipare all’elaborazione del Trattato di Roma, convinta che l’impresa sarebbe fallita. Poi, c’era stata l’ostilità, ovvero la convinzione che la Comunità costituisse un nuovo Blocco continentale (il riferimento era a quello imposto da Napoleone nel 1806) e che presto sarebbe scoppiata una guerra delle tariffe. De Gaulle sosteneva che glielo aveva detto «mon ami Monsieur MacMillan» (Lord Maurice Harold MacMillan, leader dei conservatori e premier dal 1957 al 1963). Il terzo atto si era esaurito nell’anno di trattative fallite con Bruxelles: secondo De Gaulle l’Inghilterra aveva, appunto, tentato di piegare al Cee alle sue condizioni e la Francia aveva bloccato tutto chiarendo che si poteva parlare di integrazione solo a patto che la Gran Bretagna accettasse le regole. Il quarto, inaugurato dal premier laburista Harold Wilson (in carica dal 1964 al 1970), avrebbe coinciso con un nuovo disinteresse e con il tentativo di rinforzare i legami con le ex-colonie, raggruppate nel Commonwealth già dal 1931. Quinta fase: la richiesta insistente di entrare nella Cee (nella foto sotto, De Gaulle e MacMillan). Secondo De Gaulle le ragioni erano semplici e la storia gli ha dato in gran parte ragione: «Il popolo inglese comprende sempre più chiaramente che, davanti ai cambiamenti globali, davanti all’enorme potenza degli Stati Uniti, a quella crescente dell’Unione Sovietica, a quella rinascente degli europei continentali, a quella nuova della Cina, e tenendo conto dell’orientamento sempre più centrifugo che prende piede nel Commonwealth, vengono messi in discussione le strutture e le abitudini economiche e politiche tradizionali, e perfino la sua personalità nazionale». A ciò, aggiungeva De Gaulle, si univano le persistenti difficoltà economiche, finanziarie e monetarie (sfiora l’icona blu per leggere la storia dei presidenti francesi da de Gaulle a Macron).

  

L‘Europa come ancora di salvataggio

In sostanza, affermava il presidente francese, la Gran Bretagna non voleva aderire alla Comunità europea perché ne condivideva i principi, ma perché la riteneva un’ancora di salvataggio. In effetti, la crisi del canale di Suez del 1956 (che aveva visto Francia, Inghilterra e Israele schierati contro l’Egitto, il Canada per la prima volta in opposizione alla Gran Bretagna e Usa e Urss unite nell’imporre la pace) avevano indebolito l’asse Washington-Londra e messo in evidenza che il Commonwealth stava cambiando natura. In più, l’Associazione europea di libero scambio, creata nel 1960, proprio tra i Paesi che non riuscivano o non volevano entrare nella Comunità europea, si era rivelata debole (oggi comprende soltanto Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera). Ai dubbi espressi da De Gaulle nel 1963 e, più ancora a quelli del 27 novembre 1967, rispose, il 29 novembre, il premier britannico Wilson, che affermò: non è vero che per entrare nella Cee non si svolgevano negoziati. Anzi era la stessa Commissione europea a sollecitarli. E non era vero che l’economia britannica fosse un sistema chiuso e immobile, né che i suoi legami con i Paesi del Commonwealth rendevano impossibile l’appartenenza ad altre istituzioni economiche internazionali. Wilson, che era tutt’altro che un europeista convinto, si ergeva così a paladino della «conformità» britannica all’Europa, mentre De Gaulle, anche lui poco europeista e di sicuro molto nazionalista, si trovava a difendere l’uniformità economica e culturale dei sei Stati continentali. I soliti paradossi della politica.

  

Gli inglesi credevano all’Europa

In ogni caso le trattative continuarono e, nel luglio 1970, cominciarono le negoziazioni per l’adesione della Gran Bretagna alla Cee. Furono lunghe e complesse e, come aveva previsto De Gaulle (che nel frattempo si era dimesso il 28 aprile 1969 dopo aver perso al referendum sulla riforma del Senato) modificarono i termini di adesione alla Comunità. De Gaulle morì il 9 novembre 1970. Il primo gennaio 1973, il Regno Unito, assieme a Danimarca e Irlanda, divenne membro effettivo della Cee. Un sondaggio Gallup del 1970, ossia nel momento più caldo delle trattative, aveva rivelato che circa il 55 per cento della popolazione britannica era contro l’adesione: soltanto il 24 per cento la sosteneva. I laburisti, poi, si opponeva all’ingresso nella Comunità secondo i termini negoziati dai conservatori («No entry on Tory terms). Nel 1975, il primo referendum popolare britannico, sotto il governo laburista di Harold Wilson (tornato al potere tra 1974 e 1976), pose ai cittadini il quesito: «Do you think that the United Kingdom should stay in the European Community (the Common Market)?», «Pensate che il Regno Unito debba stare nella Comunità europea?». Rispose «Sì» il 70 per cento dei votanti. Chissà che cosa avrebbe commentato De Gaulle, con la sua solita arguzia. Certo è che il suo atteggiamento verso l’Europa era stato tutt’altro che univoco. Anche se, come dimostrano la sua contrarietà alla Ced, la Comunità europea di difesa (che pure era stata proposta dalla Francia), e la sua decisione di far uscire il Paese dalla Nato nel 1966, era rimasto fedele a un’idea di «Europa delle nazioni» che si basava su un’inedita alleanza franco-tedesca e che guardava con diffidenza alla supremazia statunitense, sia pure in un contesto di Guerra fredda. Per De Gaulle la Francia non doveva cedere nulla della sua sovranità e l’Europa non doveva allargarsi. La storia è andata altrimenti. L’economia ancora di più (sfiora l’icona blu per leggere la storia dell’Unione europea sul sito ufficiale).

 

27 novembre 2017

 

Per chi vuole leggere l’articolo direttamente ecco il link:

https://www.corriere.it/extra-per-voi/2017/11/21/no-de-gaulle-all-ingresso-gran-bretagna-cee-e7cca982-cea8-11e7-bf2a-292d3c6f067f.shtml

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