Non importa il sesso, speriamo che sia sano - di Anna Rita Pinto

Non sono un’esperta di politica né una psicologa, dunque non entrerò nel merito né dell’una né dell’altra cosa,

ma sono una cittadina che non avendo la memoria storica di questa città, causa i troppi anni vissuti fuori, cerca solo di osservare, pensare e valutare sulla base delle impressioni raccolte durante questa campagna elettorale per poi votare.

Durante “ospite in scatola”, l’incontro da me ideato e condotto dove ho invitato tutti e 5 candidati sindaco con l’unica regola di non parlare di politica ma di sé stessi, ho avuto modo, per la prima volta, di conoscerli tutti un po’ di più. E credo che anche per il pubblico sia stata una buona occasione. Per me, tranne Ferraro con cui siamo anche amici, gli altri erano tutti dei conoscenti.  Dunque quello era il punto zero da dove partire, ho pensato, il resto l’ho colto durante la campagna elettorale ascoltando con attenzione tutto ciò che i candidati hanno detto, come lo hanno detto ma anche quello che hanno taciuto o bluffato male.

A detta del pubblico, sempre in quell’occasione, i due che hanno suscitato maggiore simpatia sono stati  Calabrese e Dimastrodonato ma, insieme a Ferraro, visto com’è andato il primo turno, in questa mia analisi possiamo gentilmente metterli da parte. Quindi i due leader indiscussi – o aspiranti tali – rimangono Matarrelli e Saracino. Considerazione ampiamente espressa anche dai cittadini che li hanno votati portandoli al ballottaggio di domani. Ma torniamo all’incontro di quella sera dove, come scriveva Marguarite Yourcenar: “è dai fatti e dai gesti più banali che si deve a cominciare a delineare un personaggio, come uno schizzo a grandi linee”. Alla domanda: “qual è il tuo più grande desiderio e cosa saresti disposto a fare per realizzarlo?”, Matarrelli rispose qualcosa che aveva a che fare con i bambini e la fame nel mondo, non ricordo esattamente, ma mi fece sorridere perché pensai che fosse un’ingenuità espressa solo per sortire un certo effetto sul pubblico, ma se quella di Matarrelli fu una risposta che allora ho ritenuto poco credibile, quella di Saracino vinse, a mio parere, il primo premio sulla scala della poca autenticità.

Rispose di non avere sogni né desideri, di essere una donna realizzata da tutti i punti di vista alla quale non mancava nulla. Probabilmente sarà cosi ma, a mio avviso, allora la Saracino perse l’occasione di mostrare il suo lato empatico, umano, fatto di fragilità e desideri come chiunque e, ancora di più, trattandosi proprio di una donna, di mostrare quel mondo ricco, ricchissimo, di cui è fatto il femminile e su cui lei tanto ha puntato nei suoi slogan elettorali. Ricordo che le diedi una seconda occasione per rifarsi chiedendole: ma se tu vedessi un film riterresti mai credibile un personaggio che non ha né “ferite” né desideri? Lei chiuse il discorso rispondendomi che la vita non è un film. Punto. Senza accorgersene mi offriva il fianco per affondare una qualche altra domanda per metterla in difficoltà, ma siccome non era quello il mio intento, lasciai perdere e, con il rispetto che avevo assicurato a tutti i partecipanti prima dell’incontro, chiusi il discorso accettando quella che fu la sua risposta “perfetta e infallibile”.

Veniamo ad oggi. Per il poco tempo a mia disposizione, ho potuto seguire solo i comizi conclusivi di Saracino e Matarrelli che hanno preceduto il primo turno e, nello specifico in quell’occasione, intervistai pubblicamente purtroppo solo uno dei due, Matarrelli. Nei giorni successivi, prima di recarmi in cabina per votare e ripeto, conoscendo poco la storia politica e personale di entrambi, cercai solo di pensare a che impressione mi avessero fatto l’uno e l’altro, perché solo su quello poteva basarsi il mio voto: sulla persona. Perché poi, di fatto, i programmi si assomigliano sempre un po’ tutti, diciamolo.

Pensai a quello che mi era piaciuto nella strategia comunicativa di entrambi ma soprattutto a quello che non mi era piaciuto. E in quella di Saracino un paio di cose proprio non mi erano arrivate bene, più di alcune che mi avevano convinto poco dall’altra parte.

Pensai a quel primo comizio conclusivo dove, per un’intera ora, quella che fino a quel momento avevo considerato una donna coraggiosa e di personalità, aveva incentrato tutto il suo discorso contro il suo competitor e i suoi seguaci. Perché, mi sono chiesta, invece di esaltare al massimo i suoi numeri e le sue potenzialità, che certamente una donna come lei ha, ha occupato tutto quel tempo per parlare dei “numeri vuoti” degli altri? Com’era possibile, ho pensato, che si fosse offerta come carne da macello in una competizione così aspra senza avere argomentazioni più convincenti per sostenere la sua candidatura?

Matarrelli è un competitor forte, un uomo che della politica, a torto o ragione, ha fatto il suo mestiere come lei ha scelto di fare l’avvocato.  Dunque, invece di puntare sulla sua persona, proprio per compensare quella minore esperienza sul campo, ha puntato invece su quello che, secondo la sua coalizione, erano gli errori del competitor? E questo, a mio parere, l’ha fatta apparire irrimediabilmente più fragile.

Detto ciò una cosa però, da donna, mi ha proprio infastidita: il suo slogan “speriamo che sia femmina”. Mi ha infastidita esattamente quanto mi avrebbe infastidita se Matarelli avesse detto: vota me perché sono un uomo. L’ho trovata un’affermazione sessista che, pronunciata proprio da una donna di sinistra, mi è sembrata ancora più grave. Allora dove va a finire quella coerenza di pensiero politico se poi, per guadagnare voti, si fa apparire la figura della donna quasi come se appartenesse a una “categoria protetta”? E allora mi vengono in mente quelle competizioni canore o di bellezza, dove, a parità di qualità e/o competenza, partecipano anche persone diversamente abili, di colore o omosessuali, dove, se venisse evidenziata una qualche “diversità”, sarebbe davvero una discriminante grave contro o a favore di quel partecipante.

Ora, espresso questo mio modesto pensiero, voglio augurarmi solo che, andando a votare – e andiamoci perché è importante -, ognuno di noi arrivi alle proprie considerazioni di scelta basandosi serenamente su quelli che sono i principi importanti per sé, a seconda della percezione che abbiamo avuto di entrambi. Perché in politica i programmi, le promesse, le amicizie e i favori, lasciano il tempo che trovano. E soprattutto, lo sappiamo, lasciano spazio alle strategie, nessuno escluso. Allora cerchiamo di affidare questa nave solo a chi riterremo possa essere un buon capitano, uomo o donna che sia, che non vada in panico in caso di pericolo ma che, a qualsiasi costo, porti quella nave e tutta quella gente che ha affidato a lui la sua sicurezza verso un porto sicuro. Possibilmente aperto.

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