Palazzo Murri e l’ “interesse pubblico” (di Carlo Ferraro)

Mercoledì scorso si è riunita la prima commissione consiliare (urbanistica e territorio),

per esaminare la richiesta di un imprenditore privato relativa al “recupero, restauro e ridestinazione” del fu palazzo Murri, per l’esecuzione di un Permesso di Costruire in deroga.

A sottolineare l’importanza dell’argomento erano presenti quasi tutti i consiglieri di maggioranza, il presidente del Consiglio, il sindaco, il consulente per il centro storico, i due consiglieri di opposizione facenti parte della commissione ed il dirigente dell’ufficio tecnico, settore urbanistica..

Si trattava infatti di attestare l’”interesse pubblico” di tutta l’operazione, dal momento che l’immobile in oggetto, secondo il Piano Particolareggiato del Centro storico ha destinazione pubblica (edifico scolastico), e che l’articolo 14 del DPR380/2001 prevede che “la richiesta di permesso di costruire in deroga è ammessa anche per gli interventi di ristrutturazione edilizia, previa deliberazione del Consiglio Comunale che ne attesta l’interesse pubblico” .

L’amministrazione comunale è intenzionata a concedere tale deroga in quanto, dato il calo della natalità non è più possibile pensare a destinare a scuola l’edifico, il recupero dell’immobile e di tutto l’isolato porterà alla riappropriazione pubblica di corte Figheroa, con la cessione del passaggio di collegamento tra via dei Caputo e Corte dei Migliori, il recupero dal degrado dell’immobile, la disponibilità di alcuni locali dello stesso per mostre relative alla storia del centro storico, nonché la possibilità di visitare l’immobile con visite guidate per un massimo di 10 ore al mese.

Pur presentando alcuni vantaggi, l’operazione in atto lascia comunque un po’ di amaro in bocca, specie considerando il fatto che palazzo Murri, pur così umile e sottotono nelle sue facciate esterne, presenta al suo interno ambienti di notevole bellezza, ambienti che saranno tolti al godimento collettivo perché privatizzati.

L’amministrazione asserisce che non è possibile acquisire l’immobile e restaurarlo per mano pubblica in quanto non ci sono i fondi necessari; vale la pena ricordare che, quando c’è stata la volontà politica, il nostro comune ha acquistato con fondi regionali Palazzo Piazzo, attuale sede dei Servizi Sociali. Allo stesso modo ricordiamo che la stessa cosa è stata fatta nell’acquisire l’immobile che su via Manfredi Svevo, attaccato alla chiesa di Sant’Anna , ne occludeva completamente la vista. In questo caso è ancora più evidente cosa significa davvero “interesse pubblico”: il pieno godimento di un bene collettivo. Stiamo parlando di Bellezza, quella stessa bellezza che ci verrà preclusa una volta privatizzato l’immobile.

Altro motivo apparentemente ostativo è asserire che l’edificio non è più destinabile a scuola, causa il calo demografico attuale. Come se decisioni riguardanti l’interesse pubblico possano basarsi su fatti temporanei e contingenti. È vero invece che l’allora estensore del piano di Recupero del centro storico, con notevole lungimiranza, volle escludere palazzo Murri da possibili operazioni immobiliari private, proprio per destinare alla collettività un immobile di grande pregio, alzando notevolmente l’asticella del concetto di “interesse pubblico”.

Un’ultima osservazione: il preteso progetto di restauro, pur presentando una analisi tipologica dell’immobile e del tessuto urbano storico, non riporta nessuna indicazione sullo stato dell’immobile; nessun quadro fessurativo, nessuna analisi dettagliata del suo degrado. Conseguentemente non indica le operazioni di recupero e restauro che si andranno a fare. Cose che in un progetto di restauro vanno indicate obbligatoriamente. Ergo, non è un progetto di restauro, a meno che non si voglia giocare sul significato delle parole.

Ma, nonostante questi dubbi, siamo sicuri che l’ amministrazione concederà agevolmente la deroga richiesta. Lasciando a noi cittadini l’amaro in bocca.

Carlo Ferraro

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