La dittatura dei partiti (?) di Carmelo Molfetta

Agli albori della Repubblica Italiana, appena nata dal referendum del 2 giugno 1946, con i lavori della Costituente ancora in corso, il giudizio sui partiti politici era molto controverso.

I costruttori dell’architrave della democrazia italiana, discutendo sui sistemi elettorali che avrebbero dovuto selezionare la classe politica italiana, si divisero sul sistema proporzionale e su quello maggioritario.

Uomini dallo spessore politico, intellettuale e culturale come Einaudi dichiaravano di avere molti dubbi sul fatto che gli elettori dovessero essere chiamati a scegliere tra i programmi proposti dai competitors in campo, perché “nella realtà negli Stati Uniti gli elettori votano per questo o quell’uomo. Fanno una scelta non fra idee, ma tra uomini”. (Da gli atti della Costituente discussione del 5 settembre 1946 alla seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione).

Seguiva il negativo giudizio sul sistema proporzionale manifestando “ il suo dissenso più aperto su questo punto, in quanto il sistema proporzionale non vige in tutti i Paesi democratici; non vige infatti in Inghilterra, né negli Stati Uniti, che senza dubbio sono paesi democratici. In questi paesi, anzi, tutti i partiti sono d'accordo nel ritenere che il sistema proporzionale sia da condannarsi, come assolutamente antidemocratico.”

Di avviso contrario fu un altro grande costituente. Mortati, infatti, (stessa fonte) almeno all’inizio, sosteneva la necessità di adottare il sistema proporzionale perché chiedeva che il popolo “…. si abitui a prendere decisioni politiche, ed a questo scopo il regime elettorale proporzionalistico è quello meglio rispondente ad abituare il popolo non solo alla migliore scelta degli uomini (esigenza anch'essa essenziale) ma alla valutazione e scelta dei programmi. Il regine uninominale è il meno idoneo a questo scopo, e, in un Paese come l'Italia che ha bisogno di educazione politica, il sistema uninominale peggiorerebbe l'indisciplina dei partiti e la mobilità, la fluidità delle situazioni politiche, renderebbe più frequenti le crisi parlamentari. “

A fronte della “dittatura dei partiti” temuta dai costituenti “uninominalisti” si schierarono i sostenitori della “giustizia distributiva politica”.

Passò la linea proporzionalista la sola che avrebbe consentito, a dire dei Costituenti, ai cittadini “di votare più per le idee che per gli uomini, più per gli interessi nazionali che per gli interessi locali o particolari”.(La città libera 11 ottobre 1945).

Tuttavia tale scelta non fu introdotta nella Costituzione e lo scorrere del tempo e l’applicazione di quel sistema elettorale mostrò sempre più i suoi limiti e sempre più andava crescendo il bisogno di “una democrazia governante”. (G. Amato Mondoperaio 1991).

La bilancia tornò a pendere dalla parte del sistema maggioritario molto prima di “tangentopoli” da tutti indicata come l’origine della crisi dei partiti.

Fu lo stesso Mortati, infatti, nel suo Commento all’art.1, che modificando la sua precedente opinione, denunciò il nesso tra “proporzionalismo – partiti “ indicato come la causa di un “immobilismo” di tutto il sistema democratico auspicando altre e più idonee tecniche elettorali che potessero consentire stabili “indirizzi maggioritari”.

Quale che fu l’opinione di quegli uomini, mai la sostennero per fini personalistici né per interessi elettorali contingenti.

Le loro analisi erano rivolte alla ricerca di criteri oggettivi, in questo caso di un sistema elettorale che fosse rispondente ad interessi generali.

La militanza nei partiti da parte degli italiani faceva il resto: quelle idee avevano gambe e cuore e circolavano nel Paese.

Oggi, nonostante le infinite possibilità di comunicazione, nessuno si preoccupa di spiegare le ragioni di fondo del perché di una scelta.

Ed anzi, al contrario, se qualche cosa risulta chiara non è certo l’interesse generale del paese che viene ricercato.

Lungi da ogni tentazione nostalgica, risulta, tuttavia, del tutto palese che il livello della qualità, anche morale, dei rappresentanti del popolo è molto decaduta.

Dalla temuta “dittatura dei partiti”, siamo passati al dissolvimento dei partiti che, però, rimangono, ancora oggi, l’unico strumento attraverso il quale i cittadini vi si possono associare per partecipare in modo consapevole alla vita democratica del Paese.

Mesagne 11 giugno 2017

Carmelo Molfetta

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