L’incapacità della politica ad autoriformarsi (Carmelo Molfetta)

Non so in quale altra parte del mondo le leggi elettorali, che regolano la vita democratica dei consessi di rappresentanza politica, sono scritte con le sentenze delle Corti Costituzionali.

 

In Italia è successo che in appena tre anni la Corte Costituzionale ha dettato alla Politica una sorta di guida per la legge elettorale perfetta con due sentenze destinate alla storia del diritto costituzionale, le ultra note sent. N. 1/2014 e 35/2017.

Depurato il porcellum e l’italicum dagli aspetti incostituzionali, oggi in Italia la legge elettorale è costituita dalle risultanze delle operazioni di pulizia effettuata dalla Corte Costituzionale.

La stessa Corte, infatti, con la nota diffusa dopo l’esito del giudizio sull’Italicum ha dichiarato che  "All'esito della sentenza, la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione".

Gli studiosi affermano che ciò che resta della legge è ”autoapplicativa” e dunque, possiamo stare tranquilli, la legge elettorale c’è e non corriamo alcun rischio democratico: anche ad andare a votare domani avremmo lo strumento utile per eleggere i rappresentanti alla Camera ed al Senato.

Anche se è una legge scritta dai giudici costituzionali e non dal Parlamento!

Tra i tanti dubbi che l’attuale situazione politica, sul punto, pone, una cosa, invece, risulta certa: gli italiani, con il referendum costituzionale, hanno detto che vogliono il Parlamento composto da due Camere e con mille parlamentari, che entrambe le Camere devono essere elettive, e che tutte e due devono operare su condizioni di parità.

Questo prevedeva e regolava la Costituzione del ’48 e questo hanno confermato gli Italiani: bicameralismo elettivo e paritario.

I tagli sui costi della politica devono essere cercati altrove.

In effetti a sentire Cantone, il capo dell’autorità anticorruzione, i veri tagli e dunque i veri risparmi, anche ingenti, si potrebbero ricavare con un politica virtuosa, proiettata con il suo agire amministrativo verso il conseguimento dell’interesse pubblico; in poche parola basterebbe che non risultasse corrotta nelle dimensioni che purtroppo la cronaca di ogni giorni ci sbatte in faccia.

Speriamo che sia stato un caso, ma che la politica abbia ridotto notevolmente i poteri dell’autorità anticorruzione, fa molto pensare.

Il Consiglio dei Ministri approvando il nuovo codice degli appalti, ha modificato quello vecchio in un punto fondamentale, cioè il comma 2 dell'articolo 211 del c.d.a. che espressamente statuiva e prevedeva compiti e funzioni di intervento diretto della Autorità Anticorruzione per ripristinare la regolarità delle gare di appalto.

Concepito per prevenire e punire eventuali abusi della politica in sede di appalti è stato abrogato, non c’è più con grande piacere anche dalle nostre parti.

Dicitur che sarebbe stata una svista e che il Parlamento riparerà a questa distrazione.

Sarà così, o almeno così si spera, ma intanto ci teniamo un Parlamento con oltre mille parlamentari, il bicameralismo paritario, la politica che la cronaca di ogni giorno denuncia essere gravemente corrotta, e gli strumenti per prevenire e combattere la corruzione ridimensionati se non proprio eliminati come nel caso del codice degli appalti.

Il risultato finale non mi pare che sia propriamente orientato a ridurre i costi della politica.

L’incapacità della politica di autoriformarsi è un vero punctum dolens e costituisce un freno per lo stesso sviluppo della nazione.

Se si considera che dopo tre mesi dalla sentenza della Corte Costituzionale, mancandone pochi di più sino alla fine della legislatura, la politica ancora non riesce a dare al Paese una legge elettorale che rispecchi finalmente i dettati costituzionali e che anzi la tentazione di tenersi la legge di tipo proporzionale così come è risultata dalla scrematura operata dalla Corte è molto forte, si deve concludere che non solo è incapace di autoriformarsi ma che anche non nutre molta stima di sé.

Infatti, prevedendo che questo potrebbe essere lo scenario politico prossimo venturo, si registra una fuga verso il passato a rinchiudersi nei recinti, asseritamente identitari, una specie di banca del seme, per riposizionarsi nell’ambito di un sistema politico che di nuovo ha ben poco.

Lo scenario di un ritorno a caminetti, accordi e accordicchi segreti, patti della crostata e similari è semplicemente tragico per le condizioni attuali dell’Italia.

La inseguita, per anni, governabilità, ora anche assurta a connotati di rango costituzionale per dettato della stessa Corte, è fortemente compromessa.

Intanto ci approssimiamo a festeggiare due eventi dal carattere fondativo per la Repubblica: il 25 aprile ed il 1° maggio.  

La Libertà ed il Lavoro: la luce che guida la Costituzione.

La Politica di oggi immeschinita dai gioghi di potere, dalle ripicche personali, pare abbia perso il senso dell’interesse generale.

Molto preoccupata a sopravvivere a sé stessa perde ogni confronto con la Politica che progettò l’Italia futura e moderna con la Costituzione, frutto pregiato della Resistenza.

Riscoprire un nuovo senso del dovere è la Resistenza di oggi.

Ad maiora Italia.

Mesagne 23 aprile 2017

Carmelo Molfetta

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