La riforma dell'esame di Stato. Alcune considerazioni. (di Luca Giordano).

L'Esame di Stato sta cambiando e 435 mila studenti si troveranno ad affrontare alcune novità.

Il cosiddetto “Saggio breve” diventerà centrale, secondo il Ministro alla Pubblica Istruzione, dell'Università e della Ricerca Stefania Giannini, questo permetterà di valutare in maniera più organica e completa lo studente, tenendo conto di come l'alunno riesce ad interpretare il mondo che che lo circonda. Tutto ciò a discapito ovviamente del tema di storia o di letteratura “sempre meno adeguato alle scelte dello studente” a detta del Ministro.

Altra novità  assoluta riguarda i commissari, sarà, infatti, eliminata la figura del “commissario esterno”, le commissioni d'esame saranno quindi composte esclusivamente da membri interni, fatta eccezione per il presidente che continuerà ad essere esterno.

La legge di stabilità 2015 prevede quindi, una semplice sforbiciata al bilancio dell'istruzione per circa 500 milioni, stanziando però circa un miliardo per consentire l'assunzione a tempo indeterminato di circa 148.000 precari (fonte: Il Sole 24 Ore).

Da Studente diplomatosi lo scorso anno scolastico (2013/2014) avrei delle riflessioni da fare in merito alle decisioni prese in Viale Trastevere. Con questa nuova scelta del MIUR si ha quindi una commissione, che per cinque anni (almeno) ha valutato periodicamente ogni studente arrivato ormai a sostenere l'Esame di Stato, che giudica per l'ennesima (e si spera ultima) volta, basandosi di fatto sulle competenze già dimostrate in classe, eliminando ogni possibilità di riscatto in materie in cui magari è stato da sempre valutato come “appena sufficiente”, portando di fatto in sede d'esame molti pregiudizi e attriti spesso vissuti tra studenti e docenti durante la carriera scolastica. Personalmente credo che se uno Stato ritiene opportuno rivalutare ancora una volta uno studente lo faccia al solo scopo di confermare, laddove ci sia da confermare, o rivalutare, nel bene e nel male, le competenze acquisite durante gli anni scolastici, tentando di valutare non soltanto i saperi nozionistici, ma tenendo conto del curriculum di ogni studente, incluse le competenze trasversali che spesso la scuola italiana sottovaluta e scarta.

Di fatto l'Esame di Stato fino ad oggi, non ha fatto altro che confermare, in molti casi, l'andamento medio dello studente durante tutti e cinque gli anni, quasi pilotando gli esisti delle prove d'esame. Mi chiedo quindi che senso abbia sostenere un Esame di Stato dove gli esaminanti confermeranno semplicemente il voto di ammissione all'Esame moltiplicando la media per dieci? Credo nessuno.

Vorrei concludere queste mie riflessioni con una proposta, poiché ritengo che chi rappresenta un problema senza proporre alcuna soluzione vuol dire che è esso stesso il problema. Proporrei di rendere il consiglio di classe stesso “commissione d'esame” che alla fine del ciclo di studi, in base alla storia di ogni singolo alunno e dai risultati ottenuti valuti, attribuendo un voto sempre in centesimi, la persona in maniera completa, non trascurando e dando valore anche alle attività extracurricolari svolte durante il corso degli studi quali: attività di volontariato, corsi di formazione, corsi di musica, sport, esperienze all'estero ecc. che sono le esperienze che contribuiscono a formare la persona, che le permettono di affacciarsi al mondo. Sicuramente le associazioni di categoria non saranno d'accordo con me, ma io credo che sia arrivato il momento per l'Italia di voltare pagina, di avanzare avanti portandosi con se anche i dinosauri di “Meglio Gioventù” (https://www.youtube.com/watch?v=F6sWC1VmJkY), destinando i fondi per l'Esame di Stato (cifra che oscilla ogni anno tra i 65.860.476 e gli 80.516.544 euro secondo Il Fatto Quotidiano) a opere di ristrutturazione della nostra istruzione, o investendole in politiche di welfare scolastico.

Luca Giordano

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