Il fascismo è morto e sepolto, ma i fascisti no (di Homo Videns)
Che il fascismo italiano sia stato una tragedia ormai lo sanno anche le pietre;
ma qualcuno che oggi è stato catapultato sulle più alte poltrone dello Stato sta cercando di farlo dimenticare. Dimenticano che il loro Duce aveva consegnato l’Italia ai nazisti già dal 1939; che già dal maggio 1943, Mussolini aveva accettato l’ingresso di tre divisioni tedesche in Italia. Che ciò avvenne dopo la sconfitta in Tunisia delle truppe italo-tedesche comandate dal famoso Rommel; il quale, per evitare l’onta della disfatta imminente e della probabile prigionia, fu richiamato in Germania. Che Hitler e il servizievole Duce, avevano concordato di sostituire Rommel con il Gen. Messe, alla vigilia della inevitabile capitolazione.
Dopodiché, il Governo Badoglio e la Monarchia nulla fecero per prevenire la successiva operazione “Asse”: l’invasione dell’Italia da parte di circa 450.000 soldati tedeschi. Furono, questi, affiancati da circa 160.000 fascisti italiani, che si allearono patriotticamente con le truppe naziste che avevano invaso l’Italia.
Gli alti papaveri post-fascisti si vantano di incarnare l’essenza patriottica dell’Italia; o sono falsari, o sono ignoranti. E invece no, c’è un’altra possibilità: sono falsari e ignoranti. Per questo nascondono il fatto che la cosiddetta Repubblica Sociale di Mussolini fu un governo fantoccio in mano a Hitler. Altro che patrioti! Nascondono il fatto che gli eccidi fatti dai nazisti erano condivisi, e spesso aiutati, dai fascisti italiani. Così alle Ardeatine. Anche a Marzabotto. Anche a Sant’Anna di Stazzema, e a Fucecchio, e a Natisone, ecc. ecc.
Dimenticare, dimenticare: questo il loro motto. E quando è possibile: falsificare.
Riguardo alle affermazioni dell’alto papavero del Senato su “via Rasella” non c’è da soffermarsi più di tanto. Ma, per onore della verità, bisogna ricordare che fu un’azione di guerra, realizzata da una ventina di partigiani, contro un plotone di soldati tedeschi. Come tante altre azioni attuate dai partigiani.
Il fango sull’azione di via Rasella fu buttato nel 2005 da un libro del fascista-missino Giorgio Pisanò, ex-ufficiale delle Brigate Nere, famigerate per aver ucciso decine di partigiani. Nel dopoguerra, costui fu uno dei capi del neo-fascismo e si impegnò a costruire una concezione storiografica favorevole al fascismo. In uno dei suoi libri scrisse appunto – fra le altre falsità – che il plotone tedesco di via Rasella era costituito da soldati sopra i 50 anni (forse erano i pensionati di La Russa?). Invece erano militari in servizio attivo, che passavano per via Rasella al ritorno dalle esercitazioni. Pisanò era considerato lo storico dei neofascisti. Ecco dunque una delle possibili fonti alle quali si abbeverano oggi gli alti papaveri post-fascisti (e i loro ideologi-giornalai attuali), che devono la loro “cultura” a quello che scriveva Pisanò.
Quest’anno 2023 ricorre l’80° anniversario di avvenimenti cruciali per la nostra Patria, il cui onore – ricordiamolo – fu salvato da migliaia di antifascisti e partigiani, anche a costo della loro vita; non dai servi dei nazisti. Che i post-fascisti se ne vergognino non è pensabile. Però non hanno il coraggio di dirlo apertamente, che sono fascisti. E allora, che stessero almeno zitti!
Non dimentichiamo, anzi, che appena qualche settimana fa, il ministro della cultura (formatosi alla scuola della rivista Ideazione, come abbiamo scritto qui) aveva cercato di nobilitare la nuova destra con un vanto già operato dalla destra Mussoliniana: Dante padre nobile del fascismo.
Ogni giorno se ne inventano una, pur di ricordare al loro pubblico chi sono: “siamo sempre quelli, eh!”. E poi, ci provano; le lanciano lì, per vedere se le fregnacce attecchiscono in una “nazione” distratta, impegnata a sbarcare il lunario. Tanto poi fanno marcia indietro, si scusano… Come quell’alto papavero della Camera che ha proposto di multare chi usa le parole straniere. Ma non l’hanno inventato loro il “Ministero del Made in Italy”, quello del ministro Adolfo Urso?
E allora, dobbiamo dire anche un’altra cosa. A quale cultura, a quale altra narrazione possono aggrapparsi? Per dirla più semplicemente con un antico detto popolare: come fai a “cavar sangue da una rapa”? A proposito, in inglese suona ancora meglio: “to get blood out of a stone”; come dire: una pietra è sempre una pietra. Ma in latino è forse ancora più bello e drastico: “unicuique suum”.
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Certo, però, che a pensarci, forse oggi Trilussa direbbe:
…Mannò, nun sso’ fascisti, so’ poeracci
…sò solamente capaci de sparà cazzate!
(Homo Videns)