Il popolo del Pd è con Mingolla (di Giuseppe Florio).
Fa un certo effetto vedere insieme di buon mattino, come in un operoso formicaio, donne e uomini, giovani ed anziani, professionisti e semplici cittadini prefigurare l'idea di città che da qui a pochi mesi potrà essere messa in campo.
Domenica alle 9 il popolo del PD si è radunato nell'auditorium del castello Normanno Svevo per partecipare all'iniziativa “Insieme #ripensiamoMesagne”, fortissimamente voluta dal candidato sindaco Ninni Mingolla per irrobustire la bozza del programma elettorale con proposte sortite dal basso e dall'esperienza.
La scommessa è riuscita. La dirigenza democratica aveva nelle scorse settimane serrato i ranghi come mai prima d'ora - abbandonando personalismi e correntismi e, in definitiva la pulsione al «cupio dissolvi» che ne aveva caratterizzato gli ultimi sciagurati anni - per rispondere con adeguata forza all'OPA ostile lanciata dal deputato Toni Matarrelli e dal candidato della coalizione “Diamoci una mano” Pompeo Molfetta. L'esperienza consumata domenica scorsa rappresenta però un valore aggiunto particolarmente significativo, dimostrando che esiste, ben al di là della cerchia dei dirigenti, un movimento laterale e di opinione che non vuole saperne di lasciare il PD locale tra i marosi.
I tavoli di discussione sui temi nevralgici – welfare, legalità e trasparenza, settori produttivi, ambiente – sono stati affollati al di là di ogni migliore previsione, di più: densi di dibattito e di confronto tra generazioni e sensibilità diverse. E questo è il segnale che Mingolla – il quale gongolava aggirandosi nella sala, accogliendo anche vecchi amici in visita di cortesia come il presidente della Provincia Maurizio Bruno ed il senatore Salvatore Tomaselli – attendeva con ansia: «Il programma elettorale è molto importante in questa sfida», spiega guardato a vista dalla figlia Serena, pregiata esperta di comunicazione pubblica. «Noi abbiamo scelto di candidarci alla guida di questa città addossandoci tanta responsabilità. Questa responsabilità ci porta a dire che dobbiamo ripensare completamente la strada di una nuova Mesagne, l'amalgama di varia umanità che è qui presente oggi ci fornisce un contributo enorme». Poi aggiunge con amarezza: «Sono un grande amico di Pompeo Molfetta e non gli vorrei mai fare un torto. Sto ricevendo degli appellativi in questa campagna elettorale che non mi piacciono, non intendo commentarli ma lascio alla città il giudizio su ciò che Toni Matarrelli va dicendo di me, ad esempio che io sarei la «foglia di fico» del PD. Io non mi sono invece mai permesso di dire, come pure da ogni parte mi evidenziano, che in questa campagna elettorale il mio antagonista è Matarrelli stesso e non Pompeo». Infine: «Se vincerò io oppure no? Deve vincere la città, nel senso che dovrà vincere quel sindaco che riuscirà a riportare a Mesagne quella scintilla necessaria a risollevarla dal pantano, con le enormi potenzialità a disposizione va riportata agli antichi fasti».
Il giovane segretario democratico Francesco Rogoli, un esempio di passione civile, capacità di approfondimento e, diciamolo pure, paradigmatica pazienza, è un po' più agguerrito: «Il PD vincerà, perché sta dimostrando di avere la capacità di aggregare persone, intelligenze, sensibilità, mondi diversi ed io confido che questa operazione alla fine porterà i frutti sperati. In questa campagna elettorale si registra una battaglia molto accesa, ma le battaglie non ci spaventano, poiché questa idea per cui tutti debbano andare d'accordo, debba esserci ad ogni costo unanimismo nelle intenzioni e nelle vedute, non ci appassiona. La cosa importante è capire su quale terreno spostiamo questa battaglia, se sarà quello della politica ne guadagna la città, se accettiamo invece l'idea di soggiacere alla polemica spicciola, la politica rischia di essere uno strumento che ai cittadini non serve».
Giuseppe Florio