Sulla legalità invertire la rotta (di Giuseppe Florio).

Non accenna a placarsi la polemica sui temi della legalità. Innescata dalla segreteria politica di ProgettiAmo Mesagne, rinfocolata dalla risposta del sindaco Scoditti, trova una nuova puntata nella controreplica del movimento civico guidato da Domenico Magrì e Antonio Calabrese.

Scrivono in una nota: «L’accusa che Scoditti ci rivolge di mistificare i fatti ci spinge a ribadire i tanti comportamenti con cui lei e la sua giunta avete gravemente nuociuto all’immagine della nostra città: la questione della costituzione di parte civile dell’amministrazione comunale nei processi penali a carico della criminalità organizzata, da noi più volte sollecitata, che ha visto l’imbarazzante contrapposizione, nello stesso procedimento penale, dell’amministrazione comunale in qualità di parte offesa e dei suoi assessori (praticamente un terzo della sua giunta) come difensori dei principali imputati mafiosi! O il fallimento e la rinuncia all’Osservatorio della legalità quale strumento fondamentale per lavorare ad un serio cambiamento culturale del paese.

 

Per essere virtuosi non basta semplicemente non essere citati nella cronaca giudiziaria né tantomeno porre in essere sporadiche iniziative con questa o quella associazione. Progettiamo Mesagne sulla battaglia per la legalità ha fatto sempre la sua parte, specie in consiglio comunale, riguardo alle trasparenza e alla liceità degli atti pubblici di questa amministrazione, sempre confortata dall’autorevolezza di autorità terze come l’A.V.C.P. e i Ministeri interpellati, che hanno dichiarato molti dei vostri atti palesemente illeciti o non conformi al dettato legislativo».

Bisognerà ad un certo punto però fare un bilancio serio delle politiche comunali in materia di legalità. Ha ragione il sindaco quando, con orgoglio, rivendica l’assoluta impeccabilità morale e materiale sua personale e dei membri della sua amministrazione. Ma hanno ragione anche coloro – ProgettiAmo Mesagne tra questi – che sollecitano un cambio di rotta.

I «percorsi di legalità» coniati dall’allora assessore al ramo Cosimo Faggiano – un emblema della battaglia condotta dalle istituzioni democratiche al cancro mafioso – non hanno dato i frutti sperati. La legalità intesa come ispirazione amministrativa è sembrata ridursi a mera manifestazione retorica: marce, banda e majorettes; iniziative pubbliche spesso desolate o popolate soltanto da giovanissimi studenti coartati; annunci enfatici ma poco sostanziati.

L’Osservatorio sulla legalità è l’inutile monumento che testimonia ciò che è andato storto. Concepito come un organismo pletorico, assemblea di soggetti utili ed inutili, si è riunito appena un po’ di volte per non quagliare alcun provvedimento che incidesse nei meccanismi di una società che, se non malata, è almeno malaticcia e a rischio ricadute. La sensazione diffusa è che Mesagne sia piagata dal racket delle estorsioni: ma le denunce sono così poche da potersi contare sulle dita di una mano mutilata.

Che giri agevolmente droga: ma solo ogni tanto viene arrestato qualche imbecille con un po’ di fumo in tasca. Che la burocrazia comunale, qua e là, patisca un certo lassismo: che, invece di essere castrato, impera. Spetta a magistratura e forze dell’ordine sbrigare il grosso del lavoro, ma ricade sul capo dell’amministratore della cosa pubblica il compito di educare, proprio nel senso di allontanare la propria comunità da certe derive. Allora si volti pagina, anzi si chiuda il polveroso tomo dei «percorsi di legalità» per aprirne uno nuovo di pratica ed incentivi della legalità.

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