Danilo Zuffianò, scuola socialista esamina la situazione attuale (di Giuseppe Florio).

Danilo Zuffianò, eccezionale cardiologo dai modi spicci e dall'animo oltremodo generoso, è uno e trino: ed anche qualcosa di più. Dipende da quale parte della sua vicenda pubblica lo si osservi. Ha viaggiato su molte corsie politiche: a destra, a sinistra ed oggi forse è ai margini della carreggiata. Ma nessuno, con un pizzico di onestà intellettuale, potrebbe dargli dell'incoerente: Zuffianò è – è sempre stato – semplicemente, incrollabilmente, fideisticamente un socialista e come tale fuori dagli schemi, emancipato dalle etichette, libero fino al parossismo e da vent'anni a disagio nel guazzabuglio che ci si ostina a chiamare «Seconda Repubblica». Su di lui il partito dei Democratici di Sinistra investì come mai per nessun altro, prima e dopo: e fu al contempo segretario politico ed assessore alle Attività produttive. Interpellarlo oggi è, oltre al piacere, quasi un dovere.

Come si schiera nel contesto dato? «Rispondo con le parole del capo del pool di Milano Francesco Saverio Borrelli: “Chiedo scusa per il disastro seguito a Mani Pulite; non valeva la pena di buttare il mondo precedente per cadere in quello attuale”. Viviamo le tragiche conseguenze di una falsa rivoluzione senza rivoluzionari e senza ideologie. Il presente dell'Italia è dominato dall'apparire più che dall'essere. Non esistono contrappesi democratici e questo è il grande male che incombe sul nostro Paese che crede di essere libero ma che in gran parte non lo è più. Oggi non bisogna schierarsi, ma abbattere un sistema di potere e una classe politica incapace e tesa unicamente alla conservazione del potere».

In quali condizioni vede i due poli? «In Italia oggi il sistema politico è andato in frantumi, una società senza politica annienta la democrazia a Mesagne come a Roma. I due schieramenti riflettono questa amara considerazione ad ogni livello. Molti anni fa denunciai la deriva culturale e politica di una sinistra che aveva perso ogni spinta propulsiva ideologica e politica ed invocai un rinnovamento, ma fui accusato da un notabile dell'allora DS di dire “cazzate politiche”. Dall'altra parte il centrodestra si trova innanzi ad un'occasione straordinaria ed unica per portarsi alla guida di Mesagne, ma questo non può avvenire in assenza di una spinta ideologica e culturale che metta la politica in primo piano e successivamente le legittime aspirazioni personali».
Una ricetta per assicurare garanzie alla città? «La rinascita di Mesagne parte dalla rinascita della politica. Rinascita e rinnovamento non possono basarsi su criteri anagrafici o di genere o di rettitudine. La nostra città ha bisogno di essere guidata da persone dotati di onestà politica e cioè di capacità politica: uomini e donne che amano la città, amano la cosa pubblica, hanno entusiasmo nell'amministrare la cosa pubblica, politici che abbiano una visione lunga della città ed abbiano il coraggio di portare avanti le proprie idee senza stancarsi e senza indulgere al compromesso ed ai giochi di potere. Politici, in definitiva, che non facciano gli extraterrestri e cioè che non si ripropongano candidamente come se fino a ieri siano stati sulla luna senza accorgersi di alcunché»
Come giudica la giunta Scoditti? «L'amministrazione uscente si è dimostrata per quello che è: un'alleanza di potere senza un minimo di collante politico e culturale. Nella prima versione della squadra sedevano insieme personaggi che si odiavano visceralmente, personaggi lontani fra loro anni luce per ideologia e cultura. Non si governa la città mediando potere e interessi personali ma mediando idee e prospettive di sviluppo, era naturale aspettarsi la deriva a cui tutti purtroppo abbiamo assistito».

Giuseppe Florio

 

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