La fucazza chiena (di Carmelo Colelli).

Ho letto in questi giorni, su vari giornali on-line che il Distretto Urbano del Commercio (DUC) sta organizzando gli eventi proposti dalle varie associazioni,

per l’occasione l’assessore alle Attività Produttive la dott.ssa Anna Maria Scalera ha detto:

Mesagne ha di fatto ravvivato un nuovo filone della sua vocazione composto da turismo, enogastronomia, cultura, tradizioni le quali possono diventare volano di crescita economica”,

il Sindaco, in qualità anche di presidente del Distretto, ha espresso viva soddisfazione per l’andamento complessivo del DUC “Castrum Medianum”, ha anche detto:

il Duc risulta essere fra i più attivi della Regione, grazie, soprattutto, al pieno coinvolgimento degli operatori commerciali della città”.

Da quanto letto, noto con molto piacere che nella nostra Mesagne vi è un fermento, una voglia di fare e migliorare.

Ho letto anche, ancora una volta, che ci sarà una bellissima iniziativa: la «Sagra della fucazza chena».

Come molti di voi sanno è una pietanza speciale, certamente l’avrete mangiata tante volte, io non la mangio da anni purtroppo.

Avevo appena undici anni, quando nel lontano 1964, insieme ai miei genitori ci trasferimmo a Bari; da quel giorno ho conservato e rafforzato un filo rosso con la nostra cara Mesagne, la nostra terra, la nostra gente, le nostre tradizioni, le nostre parole, quelle che ci hanno raccontato il passato, ci hanno aiutato a vivere il presente e ci hanno spronato a guardare al futuro con speranza.

Parole dialettali e saporite pietanze mi sono rimaste nel cuore e nella mente e riemergono per raccontare ancora e regalare nuove emozioni.

Mia nonna, “la fucazza”, la preparava ogni volta che tornavamo a Mesagne, in questo momento, mentre scrivo immagino e ricordo il suo sapore e il suo profumo la gioia di tutti nel condividere una così buona pietanza.

Oggi, facilmente la si può preparare a casa, i forni casalinghi permettono ottime cotture, negli anni ’50 e ’60 in alcune famiglie, non vi erano le cucine col forno e “la ramera ti la fucazza” la teglia con la focaccia si portava ad infornare al forno più vicino, in pietra.

Un altro piccolo ricordo di quegli anni, quando veniva gettato l’ultimo solaio, nella nostra lingua locale si usava dire “quandu si vutavunu li lamie”, era il pranzo con le maestranze e i proprietari, dopo “li maccarruni cu llu sucu ti li brascioli” la pasta fatta in casa, cavatelli e orecchiette, condite col sugo del ragù, dopo “li purpetti, li brascioli e li purpittuni”,le polpette, le brasciole e i polpettoni c’era anche “la fucazza chiena”.

Sì non ho sbagliato a scrivere in quegli anni a casa mia, mia madre, le mie zie, le vicine di casa, la gente che la mangiava, tutti i Mesagnesi, la chiamavano: “La fucazza chiena”.

Per concludere vorrei pregare, il Sig, Sindaco, dott. Pompeo Molfetta, l’assessore Alle attività produttive, dott.ssa Anna Maria Scalera, gli organizzatori della “Sagra della fucazza chena” ad apportare la seguente correzione:

“Sagra ti la fucazza chiena”

questi sono i vocaboli della nostra lingua locale.

Il dialetto è un immenso patrimonio culturale, bisogna riscoprirlo, tutelarlo, valorizzarlo, trasmetterlo, è il filo rosso, che unisce le vecchie alle nuove generazioni del nostro paese.
Ogni parola, ci riporta a contenuti culturali e sociali del passato, quali usi, costumi, tradizioni, leggende, ecc.,
Le parole del dialetto, spiegano certi comportamenti, dei nostri nonni e dei nostri padri, loro non sapevano dire;
“Ti amo, dammi un bacio”

nella nostra Mesagne, dicevano:
“Ti vogghiù bbeni, tammi nnu bbaggiu” e in questa frase era contenuto il progetto per una vita insieme.
Sicuro di un vostro interessamento colgo l’occasione per porgere a tutti augurali saluti di buon lavoro.

Carmelo Colelli

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