Natali a Miscigni ti nna vota (Emanuele Castrignanò)

Mi capita spesso di fare riferimento e riflettere sulle cose passate,

sui ricordi dell’infanzia, pensare alle cose semplici, ma belle, che caratterizzavano  lo scorrere della vita nella famiglia, nella società, nella Mesagne che non c’è più e che i giovani d’oggi non conoscono.

E’ fuor di dubbio che le  feste religiose  rappresentavano occasioni non solo di riflessione intima e corale sul loro alto significato, ma erano anche l’occasione  per vedere più unita, più coinvolta la famiglia,  nell’attesa di quei giorni e nei preparativi  che li precedevano.

Lungo le strade ci si fermava ad ammirare, estasiati, le poche vetrine illuminate, era possibile assaporare  il profumo, che fuoriusciva dai camini delle case, di legna che ardeva scoppiettante, misto ai profumi  delle tante  cose particolari preparate per le feste, ormai, alle porte. Anche se ciò, purtroppo, non accadeva in tutte.

Le mamme sfaccendavano più del solito, pulizie straordinarie, rameri di buccunotti, fatuli, buttacascatti, friseddi cu lu zzùccuru, friseddi cu l’ovi,  friseddi cu lu uègghiu frittu, friseddi scilippati, mustazzueli, ncartiddati e purcidduzzi cu lu meli, pettuli cu lu meli o cu lu cuettu. Cose semplici ma fatte con tant’amore e fantasia. Tutto quanto veniva preparato, non andava toccato sino al giorno della festa, salvo qualche nostro piccolo furtarello, quasi sempre scoperto dalle mamme. 

In casa tutti, grandi e piccoli, collaboravano nel fare il presepe e nell’addobbare l’albero. Chi accartocciava la carta dei sacchi di cemento per fare le montagne, chi sceglieva i pupi di creta, chi s’interessava delle lucine colorate, chi, usando le vecchie pompe per insetticida (pompi ti lu flitti), colorava le montagne spruzzando il colore marrone, il verde ed, infine, il bianco per innevarle. Un gran da fare ed anche tanta stanchezza mitigata dalla gioia dello sfaccendare, divertendosi, tutt’insieme.

Delizie e prelibatezze, venivano fatte nel pieno rispetto delle tradizioni e delle ricette che, rigorosamente, si tramandavano da mamma a figlia. Pranzi particolari, piccoli regali, rendevano  l’atmosfera  più festosa, realizzavano  rapporti veri ed autentici tra parenti, amici, conoscenti e non, facendo respirare una particolare aria di  gioia e serenità. 

Il periodo natalizio era e resta il periodo più lungo e più ricco di feste: la notte della vigilia di Natale, il giorno di Natale, la notte di San Silvestro, Capodanno e l’Epifania. Feste religiose, senza dubbio, riti religiosi da vivere intensamente, ma feste, comunque, da trascorrere in letizia con la propria famiglia e con gli amici.

Un vecchio andante recita, non a caso: Pasqua con chi vuoi, Natale con i tuoi.  

Oggi la vita frenetica, la velocità delle relazioni, dell’informazioni, delle comunicazioni: SMS, e-Mail, Facebook, i-Pod, i-Phone, Internet, l’uso sfrenato dei cellulari che mentre parli e gesticoli da solo, per strada, non vedi chi ti passa accanto, figli che rientrano a casa quando i padri escono, rendono precaria, se proprio non annullano,  ogni forma di umana relazione, ogni  scambio di emozioni. Anche i presepi e gli alberi di Natale, oggi, sono belli e pronti. Niente più è dovuto alla manualità, alla fantasia, alla creatività, alla voglia di fare e di fare insieme.       

Non  c’è tempo. Si vanno, così, perdendo le occasioni vere, forse uniche, per godere delle piccole e semplici cose, per riscoprire l’intensità dei sani sentimenti.

I profumi, i sapori, i valori, le gioie di quelle feste io me li porto gelosamente dentro e li ricordo così.                                                                                                   

Emanuele Castrignanò  

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