Ricordi “Ti la festa ti luglio” degli anni ‘60 (di Carmelo Colelli)

Viene ripubblicato un ricordo della Madonna di luglio del nostro amico Carmelo Colelli.

Il mese di Luglio, per la nostra Mesagne, è il mese più importante dell’anno: c’è “La festa ti la Matonna ti lu Carmunu”,

la festa patronale della Madonna del Carmine, la protettrice del paese i festeggiamenti durano tre giorni.

Negli anni passati i preparativi, in molte famiglie, iniziavano già dalla metà di Giugno: il mercoledì, mamme e figli, di buon mattino, andavano al mercato per comperare vestiti e scarpe nuove. Per le ragazze si acquistavano stoffe, fodere e merletti, per far realizzare, dalle sarte, il proprio vestito.

Negli anni ’60, in paese di sarte ve ne erano molte, una più brava dell’altra, queste alla loro bravura aggiungevano le idee recuperate da riviste di moda.

Molte donne attendevano il rientro di figli e mariti che lavoravano in Germania, Francia, Svizzera.

I primi giorni di Luglio, in piazza Porta Grande, sul sagrato della Chiesa Madre, lungo la strada che dalla Villa Comunale porta alla stazione, si iniziavano a montare le luminarie e le cassarmoniche.

In quegli anni, vi era anche un’altra bellissima usanza: durante la novena alla Madonna, sulla porta di ogni casa si metteva una luce, una lampadina o un lampioncino colorato che rimaneva acceso fino a tarda sera, tanti lampioni diversi e colorati, le strade così erano più belle e più illuminate.

Le donne, anche a causa del caldo, si riunivano a chiacchierare intorno alla porta di casa della più anziana della strada e raccontavano dei preparativi della festa.

In una di queste strade, abitava una vecchietta che non aveva la possibilità di acquistare il lampioncino, ma ci teneva alla Madonna e, ogni sera, recitava il rosario.

Quanto avrebbe voluto anche lei un lampioncino colorato per rendere omaggio alla Madonna!

Una vicina di casa, che aveva a cuore la vecchietta ed aveva capito il suo desiderio, comprò un bel lampioncino e lo posizionò vicino alla porta di ingresso della casa della vecchietta, in alto.

Appena fu sera la vecchietta prese la sua sedia e si sedette per strada, come era solita fare ogni sera, insieme alle sue amiche ed ecco si accese il lampioncino, lei lo vide, bello, colorato, illuminato, non disse nulla, guardò le amiche una ad una e pianse.

Nei pressi del campo sportivo, l’attuale parco Roberto Potì, un signore, al posto del solito lampione, esponeva, ogni anno, il modello di una grande barca, sospeso tra una facciata e l’altra, col gran pavese e tanti luci colorate, quella strada si distingueva dalle altre e i ragazzi, ogni sera, andavano a vedere la barca con le luci.

La sera del 15 Luglio, la Madonna era portata in processione dalla Chiesa del Carmine alla Chiesa Madre, era l’inizio della festa.

Le luminarie accese, la bande che suonavano nelle due cassarmoniche allestite a Porta Grande e al Sedile, tante bancarelle al lato della Villa Comunale, in alcune si giocava alla “Riffa” e in palio, una bella bambola dai capelli biondi o neri, vestita da danzatrice spagnola di flamenco. Chi aveva la fortuna di vincerla, la donava alla madre, alla moglie alla fidanzata. La bambola faceva, poi, bella mostra di sé al centro del letto matrimoniale.

Nelle tre sere della festa ci si sedeva ai tavolini vicino alle cassermoniche, per mangiare “La menza pagnotta” un panino imbottito con tonno, mortadella, provolone e sottaceti, poi la volta “ti li nuceddie e la cupeta” delle noccioline e del torroncino, per finire il gelato, una fetta di “spumone” o un simpatico e gustoso “moretto”.

Sul tardi, le ragazze lasciavano la compagnia per andare a passeggiare nella Villa e sotto le luminarie, per incontrare il proprio amore e scambiarsi un bacio festoso, c’era il Luna Park, allestito nella Villa Comunale e in una strada adiacente, era consentito rientrare a casa un po’ più tardi, ma mai dopo la mezzanotte.

Dopo aver assistito ai fuochi pirotecnici, allestiti nella zona “Li grutti”, si tornava tutti a casa.

Sono passati cinquant’anni, ma quella festa è fortemente presente nei miei ricordi e nei ricordi di chi è lontano.

Carmelo Colelli

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