Il fumo fa male. (Carmelo Molfetta)

Ormai lo sanno tutti: “il fumo uccide”.

A caratteri cubitali questo avvertimento è stampigliato su tutti i pacchetti di sigarette a prescindere dalle marche.

Quando gli ispettori ed i tecnici incaricati, gentili signori che non si fanno i cazzi propri, sono andati nei campi adiacenti agli stabilimenti industriali di Taranto per verificare la fondatezza di fastidiose denunce sporte da facinorose associazioni di cittadini, hanno trovato una scena apocalittica ed anche comica se non fosse drammatica: decine di capi di bestiame del genere “ovini” pancia all’aria con, stretti tra i musi caprini, un “cannone” in alcuni casi ancora fumante.

 

I solerti funzionari, increduli per tanta fortuna capitata nella attività di indagine, hanno immediatamente prelevato la “pistola fumante”, appunto, con tutte le cautele del caso, si capisce, per evitare l’”inquinamento” delle prove, perché era ormai evidente e di immediata e diretta percezione che tutte quelle bestie erano morte perché avevano fumato.

Le analisi, impietose, si sa che quando bisogna essere duri in Italia non ci batte nessuno, hanno dato la conferma alle intuizioni degli ispettori: quei “cannoni” erano stati realizzati con una mistura di “Nazionali” senza filtro, Alfa senza filtro, Goluaises senza filtro, e paglia secca raccolta nelle vicinanze di Seveso.  

Ed erano sicuramente da indicare come la causa certa del decesso delle pecore.

Scena ancora più raccapricciante hanno avuto innanzi agli occhi, quando i funzionari. ormai non erano più nella pelle, si sono recati in certe scuole materne ed elementari della periferia di Taranto.

L’allarme antifumo suonava inconsolabilmente ed inarrestabilmente; frotte di bambini attorniate da mamme complici tutte fornite di borse a tracolla da cui fuoriuscivano punte di stecche di sigarette.

L’occhio esperto indagatore degli ispettori è caduto sulla località di fabbricazione delle sigarette : “made in Russian località Chernobil”.

Le maestre assatanate “sigarette in bocca – munite” istruivano i piccoli ad accendere ed a fare le prime tirate.

Le aule pervase da una nuvola di fumo minacciosa che ondeggiava a seconda del movimento dei gruppi di bambini.

Poiché si sa che i bambini, soprattutto quelli di oggi, imparano subito e bene, dopo qualche colpo di tosse, fumavano e respiravano a pieni polmoni il fumo delle agognate sigarette.     

L’ispettore capo ormai le aveva in pugno: le sigarette assunte sin da piccola età nocciono gravemente alla salute.

Non restava che l’ultimo accertamento.

Bisognava agire in fretta, di sorpresa e, soprattutto, all’insaputa.

Se il blitz nei reparti di oncologia pediatrica fosse stato anticipato da qualche soffiata, quegli infingardi dei medici sarebbero stati capaci finanche di nascondere il cartello di  “DIVIETO DI FUMARE”.

Attenzione: se si fuma in ospedale si incorre in sanzioni pesantissime. Su queste cose in Italia non si scherza.

Organizzata la squadra di fedelissimi incursori, l’ispettore capo dette l’ordine: maschera antigas, block notes e lavagnetta auto cancellante, bustine sterili per i reperti, guanti per non inquinare le impronte, e via.

Mentre si avvicinava al reparto il capo ispettore, uno che coglieva al volo ogni minimo particolare, notò che, stranamente, il segnale di allarme antifumo taceva.

Strano, pensò! Vuoi vedere che nonostante tutte le cautele qualcuno ha avvertito il primario!.

Quando il medico di turno aprì la porta gli ispettori entrarono d’impeto: dovevano assolutamente impedire che venissero occultate le prove della nocività delle sigarette.

Occupate le posizioni di controllo finalmente poterono dedicarsi alle verifiche di istituto.

Dal Verbale ispettivo: “ nessuno fumava;  le mamme ai bordi dei lettini parlavano con i propri bimbi e li coprivano di attenzione e di cura, il viso era sorridente ma gli occhi piangevano – silenziosamente - ; quasi tutti i bimbi manifestavano una strana calvizie, ad alcuni incipiente ad altri totale; medici ed infermieri erano prontissimi ad ogni richiesta dei bambini o delle loro mamme; tutte cose normali in un reparto di oncologia pediatrica, annotarono con precisione deduttiva”.

La delusione fu cocente e chiedendo scusa per l’incomodo si avviarono verso la vetrata di entrata.

Ad un tratto, però, l’ispettore capo con l’occhio in tralice, notò un signore: in fondo al corridoio, con fare appartato, non sembrava il papà di qualche bimbo, magro e con viso scarno ed un po’ allungato; la giacca presentava un rigonfio – sarà una pistola pensò – ma che ci faceva uno con una pistola in un reparto di oncologia pediatrica – ipotesi dunque scartata -.

Era uno spacciatore di sigarette.

Carmelo Molfetta           

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