Il Museo: luogo o non luogo dell’Arte (Le Ali di Mirna).

Riflessioni sul concetto di sito espositivo e di opera d’arte.

Gli eventi espositivi sono un importante strumento di valorizzazione del patrimonio artistico e culturale e costituiscono un fondamentale veicolo di diffusione delle produzioni più innovative, ma in Italia nel corso degli ultimi quindici anni la loro funzione è stata stravolta da una proliferazione che ha raggiunto livelli quasi grotteschi. La “mostramania” in Italia è un aspetto deteriore che non aiuta certamente la divulgazione e la comprensione delle Arti Visive. L’eccesso indubbiamente non privilegia i soggetti più capaci né i temi più interessanti.

Ancor più stridente appare l’abuso quando esso è compiuto dai circuiti gestiti da Enti locali, che avendo scarse risorse a disposizione, difettano di progetti di razionalizzazione e di selezione delle mostre da realizzare e quindi pur di riempire improbabili programmazioni, offrono la possibilità di esporre nei siti espositivi istituzionali a chiunque ne faccia richiesta. Ma a parte questo aspetto diffuso anche sul nostro territorio, vi è da dire che anche l’utilizzo dei siti cosiddetti istituzionali spesso impropriamente definiti sedi espositive, è sovente oggetto di operazioni di scarsa sensibilità e rispetto dei luoghi. Per carità, ogni sito può diventare una sede espositiva se si ha il buon senso di essere sobri e soprattutto decorosi in riferimento a ciò che si vuole esporre. Ma assistere alla forzatura di far passare per siti espositivi siti istituzionali dove non vi è una adeguata illuminazione, dove le opere vengono installate con il classico chiodo anche se ci sono gli arredi espositivi idonei, e magari su una parete di carparo che ha visto il trascorrere dei secoli, oppure esporre sempre in siti istituzionali dove le pareti sono a macchia di leopardo, frutto delle innumerevoli stuccature a copertura delle crepe prodotte dall’estrazione dei chiodi della mostra precedente, questo è il segno inequivocabile della mancanza di una gestione adeguata che abbia a cuore le sorti dei siti, che non conosce il valore di una mostra d’Arte e che non sa soprattutto porre rimedio a queste violazioni, che potrebbero essere evitate semplicemente adottando un banale regolamento per poi vigilare, facendolo applicare.

E qui si impone l’introduzione del concetto di bene comune che non è semplicemente un patrimonio comune quale può essere un sito museale, una pinacoteca, o semplicemente un insieme di beni sociali o l’insieme dei diritti dell’uomo. Bene comune sono soprattutto tutte quelle condizioni che promuovono il progresso culturale, spirituale, morale ed economico di tutti, nessuno escluso. Diventa il presupposto fondamentale per la costituzione di una società civile fondata sui rapporti ben stabiliti tra le persone e nello stesso tempo sull’impegno e il rispetto di tutti e non solo di alcuni. Ci accorgiamo allora quanto sia importante e prezioso il bene comune sul quale sono dunque chiamate a vigilare la famiglia, la scuola, tutte le realtà sociali; ciascuno di noi e noi tutti insieme siamo i responsabili della sua custodia. Musei, Pinacoteche, Gallerie d'Arte, costituiscono un un bene comune imprescindibile per lo sviluppo e l'arricchimento della società in quanto luoghi di crescita e di educazione al valore del pensiero umano e alle sue espressioni creative. Questi spazi espositivi costituiscono un importante palcoscenico per la scena dell'arte ma faremmo bene a chiederci se siano veramente i luoghi idonei ad accogliere lo spettacolo artistico o se non siano al contrario una falsa scena.

L’opera d’arte, soprattutto nel passato, non era creata per il museo: essa, a seconda del committente, poteva essere destinata ad una chiesa, ad una piazza, ad una villa nobiliare; l’artista, in fase di progettazione dell’opera d’arte e di ispirazione, agiva sotto l’influenza di una serie di variabili: la propria volontà artistica era una di queste, certamente, ma vi erano anche la volontà del committente e la volontà del luogo per il quale l’opera era destinata; in quest’ultimo caso, il luogo non condizionava solamente le misure dell’opera e, in generale, tutte le sue proprietà estrinseche, ma anche i contenuti. Ad esempio era ben diverso progettare una tela di soggetto sacro per un altare o per un collezionista privato. Senza considerare tutte le questioni logistiche connesse all’altezza a cui l’opera doveva essere esposta, la luminosità cui era assoggettata, la posizione occupata dall’osservatore, ecc..Da ciò si deduce che almeno per l’arte antica e moderna (fino agli impressionisti) l’opera d’arte ha vissuto nel museo come un animale vivrebbe in cattività o in una zoo. Il museo non è stato per lungo tempo luogo ideale per l’arte. Nella seconda metà dell’Ottocento nelle capitali europee era in uso esporre nei Salons.

Il percorso virtuale delle mostre era dovuto alla successione ripetitiva di quadri e di sculture in giustapposizione. I Salons dell’epoca erano gestiti in maniera razionale, la critica d’arte era una semplice lettura dello stato delle cose che poteva gridare allo scandalo per la mancata ammissione di questo o quell’artista, sol perché non possedeva i requisiti di certa tradizione. Fortunatamente con le nuove identità dell’arte contemporanea le mostre diventano il vero luogo attraverso cui si esprime un determinato modello artistico; all’esposizione come agglomerato di diversi stili personali subentra l’idea di una esposizione funzionale alla rappresentazione definita di una stile, in cui i quadri ed i lavori sono parte di un’idea più complessa. In un primo tempo sono gli stessi artisti a produrre questo modello di mostre, ma successivamente si delinea una nuova figura professionale critico, organizzatore e ideatore – man mano definita curatore, che condividendo passioni e conoscenze con gli artisti ne propone una lettura più appropriata. L'attenzione posta negli ultimi anni sulla valorizzazione e la fruizione dei beni culturali ha accentuato la funzione specificatamente comunicativa del museo rispetto a quella puramente conservativa. Non soltanto luogo di raccolta di oggetti dotati di valore in sé, il museo è soprattutto strumento per trasmettere messaggi e informazioni, per “parlare”al pubblico.La sua peculiarità come mezzo di comunicazione è quella di porre fisicamente il fruitore al centro di un percorso e di avvalersi di una pluralità di linguaggi.

Principalmente quello visivo, con opere d'arte da contemplare, oggetti e vari apparati grafici di accompagnamento; testi scritti (documenti, didascalie, citazioni), sonori (audio-guide, evocazioni di rumori, brani musicali), esperienze tattili e interazioni con strumenti multimediali e informatici. La necessità della presenza fisica del fruitore accomuna il museo alla forma di comunicazione dello spettacolo dal vivo, con la differenza che qui la temporalità del discorso è creata dal movimento del visitatore all'interno di uno spazio immobile. 

Le Ali di Mirna

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