..... il resto è pura superficie (Le ali di Mirna).

Dovrebbe esistere, nella vita di ognuno di noi, un momento in cui faremmo meglio a fermarci  a riflettere sulla stabilità della nostra vera propensione al conoscere e professare i nostri interessi culturali, per verificare la stabilità o la deriva del nostro vero amore per il sapere.

 

 Capace di soddisfare pienamente la sete del Cuore, la conoscenza dovrebbe demolire l’ignoranza, la superstizione, l’incomunicabilità, l’intolleranza, senza limiti determinati da preconcetti.

Da sempre l’uomo si è chiesto quale fosse il senso del proprio essere ed ha cercato di capire e decodificare il mondo che lo circonda, guidato da un’arma infallibile e a lui connaturata: il desiderio di conoscenza, che si traduce in cultura.

Culturale, sotto il profilo della conoscenza è la ricerca che l’uomo fa di se stesso: è l’indagine creativa che egli porta avanti, in tutti gli ambiti, al fine di una più ampia acquisizione del modo o dei modi attraverso cui potersi esprimere e realizzare pienamente nel mondo che lo circonda.

 Questa indagine lo rapporta, oltre che a se stesso e alle cose, a quei particolari enti che sono gli individui, le persone, gli altri.

  Aperta a tutti, la cultura dovrebbe essere esperienza comune, partecipazione, dialogo, caratterizzato da una alterità tra i soggetti che entrano in comunicazione.

 E’ libertà che si dilata, incontro, progetto, presenza, unità, comunicazione. Diviene esperienza collettiva, dimostrando che le idee più alte sono nulla se non rivivono nella coscienza di un soggetto che le pensi ri-costruendole nella condivisione.

 Ma molto facilmente è solo blanda euforia culturale, che ricade nelle convenzioni dei luoghi comuni, che fa rientrare ogni esperienza in un gran calderone dell’ovvio, dove si finisce per perseguire solo una ricerca orizzontale, mutilata, chiusa nel bozzolo delle ideologie. Una voce che, spesso prigioniera dei suoi estremismi, non partecipando al logos, al discorso comune, si autoesclude, chiudendo gli uomini in una sacca amniotica, come nei quadri di Hieronymus Bosh o in quelle sfere o membrane trasparenti, rimbombando, inafferrabile, come un vero fantasma.

 Solo trovando una terra fertile potrà divenire un grande albero ai cui rami ci si può aggrappare per ascendere ed espandersi. Ma la desertificazione della terra  da cui questi rami traggono il loro nutrimento ha impedito un reagire affettivo sulle cose, appunto, con il  cuore.

Noi cresciamo quando l’orizzonte del nostro sentire si espande all’ordine della voce del cuore che moltiplica gli orizzonti della nostra percezione. E’ quella voce che dovremmo ascoltare, a cui invece siamo spesso sordi.

Dietro la parola “cuore” c’è molto di più di quanto essa possa suggerire. E’ insieme azione e contemplazione, sentimento delle cose, rispetto. E’ l’espressione del proprio essere a contatto con la trascendenza, a contatto con gli altri da sé e con il suo superamento. E’ quanto ci stimola e ci dà libertà.

Non c’è coscienza autentica senza soggetto liberamente attivo; non c’è spazio per il pensiero autentico – personale, critico, creativo - , quando l’uomo è schiacciato sotto il peso della cultura artificiale, dai simulacri, dal non-pensiero.

  Non c’è cultura autentica quando un ideale degenera in ideologia, o si trasforma, si corrompe, si separa dall’esperienza e diviene un sistema dogmatico, una corazza di false verità totalizzanti e assolute.

In questo senso, l’ideologia diviene un ostacolo per la cultura, suo pregiudizio, sua contrapposizione, suo non-pensare.

L’uomo, indottrinato, passivo intellettualmente, sottomesso ideologicamente, è incapace di perseguire il vero senso  della propria ricerca culturale, del proprio ideale, di riconoscerlo, di volerlo, di amarlo, ma riesce ad essere solo capace di esecrarlo e negarlo. 

 “Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce” sostiene Pascal: è questa ragione che infonde negli uomini la giusta forza per raggiungere, - nell’unione di versanti opposti, di strade diverse e divergenti, nell’incontro di finito ed infinito, di orizzontale e verticale, di momenti analitici e momenti sintetici, di ricezione e dono, di oriente e occidente, di destra e di sinistra, nel rispetto della libertà individuale -, una cultura universalmente umana, partecipata, condivisa, la cui tensione è lo slancio e la ricerca dell’essenza  della propria esistenza. Altrimenti è pura superficie.

Le Ali di Mirna

N.B. La redazione ringrazia Vito e Rita per aver accettato di aprire lo "scrigno" culturale delle Ali di Mirna e donarlo alla città di Mesagne attraverso la nostra testata www.mesagne.net.

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