“Tre, il numero imperfetto” - di Anna Rita Pinto

Tre è il numero dei triangoli amorosi, dei tradimenti, ed è anche il numero che ha contraddistinto gli accadimenti di cronaca di quest’ultima settimana:

tre giorni, tre città, tre donne, tre vittime, tre uomini “normali”, tre storie di non amore. Mai il numero tre è risultato così imperfetto come in questi casi in cui la vita si è incontrata con la morte.

Giulia, agente immobiliare di 29 anni, incinta di sette mesi, ammazzata sabato 27 maggio a Senago (Mi); donna dal nome ignoto, 31 anni, sopravvissuta al tentato omicidio del marito avvenuto lunedì 29 maggio a Galatone (Le); Pierpaola, poliziotta di 58 anni uccisa giovedì 1 giugno a Roma. Quante di queste storie, noi donne, dovremo ancora leggere prima di aprire gli occhi, distinguere un amore da un’ossessione, l’attenzione dall’oppressione, la fedeltà dalla lealtà, un uomo da una bestia, il momento per restare e quello per andare.

Da quanto dicono gli esperti, non è possibile stilare l’identikit di un maltrattante o un profilo psicologico di base certo che ci faccia capire chi abbiamo davanti, come si comporterà nel futuro e nelle diverse situazioni. Le donne però lo sanno quando c’è qualcosa che non va, ne percepiscono le avvisaglie anche in tempi non sospetti, dapprima, quando i loro uomini sono fidanzati attenti e innamorati e solo di rado si lasciano andare in exploit di aggressione verbale, emotiva, psicologica. Solo che le donne sono sognatrici, tendono al perdono di un tradimento o di uno schiaffo dato “per sbaglio”, credendo ai tanti “non succederà più” e così, puntualmente, finiscono per cadere nell’illusione del “poi cambierà”. Le persone però raramente cambiano, soprattutto quando sono adulti strutturati, magari male ma strutturati. E quando cambiano spesso peggiorano. Infatti l’escalation per controllare le loro partner non tarda ad arrivare e la violenza diventa presto economica, sessuale e fisica. Sono uomini beneficiari di un amore che non meritano, che nei peggiori casi arrivano ad uccidere, nei migliori ad uccidersi, seminando distruzione nelle famiglie delle vittime e nelle proprie.

Spesso si tratta di uomini comuni, normali, Uomini che misurano i propri atteggiamenti in pubblico e poi, nel privato, mostrano la fragilità e la paura di perdere quello che loro chiamano amore ma che di amore non ha proprio niente. L’angoscia da separazione con la fidanzata o con la moglie diventa ossessione, ricatto, minaccia e poi aggressione.  Ma sempre a quanto dicono gli esperti, questa violenza non è un problema nella relazione, ma un problema nell’aggressore o meglio, l’aggressione è un modo di stare nelle relazioni ma anche di fuggirle. E la violenza non è una malattia, un problema di natura psicologica ma un comportamento scelto e legato ai valori, che esprime una mentalità, un modo di pensare e di agire. Proprio su questo concetto dei valori e sulla capacità genitoriale forse dovremmo fermarci a riflettere, perché gli abusi e le violenze più gravi, in Italia, avvengono in famiglia.

Dunque se è fondamentale allontanare di casa le donne per proteggerle, lo è altrettanto agire sugli uomini per evitare che tornino a nuocere, attraverso percorsi di recupero che li aiutino a prendere coscienza delle proprie responsabilità. Come il Protocollo Zeus, che in 4 anni ha ridotto del 90% i casi di recidiva.

Rimandandovi ai prossimi articoli in cui approfondiremo il quadro degli aggressori di coppia, la tipologia dei maltrattanti e il protocollo Zeus, invitiamo chiunque ne abbia bisogno a contattare il numero verde di pubblica utilità 1522 per il sostegno alle vittime di violenza e stalking oppure il CAM, Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti, che si occupa della presa in carico di uomini autori di comportamenti violenti nelle relazioni affettive. Aiutatevi, finché siete in tempo.

Anna Rita Pinto

03.06.2023

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