“Parola d’ordine: integrazione” di Anna Rita Pinto

Venerdì 21 aprile, alle ore 18.00 presso l’Auditorium del Castello di Mesagne, avrà luogo la presentazione del libro

“Donne d’Albania in Italia - riflessioni, testimonianze, emozioni di Rando Devole e Claudio Paravati. L’evento organizzato dalla Commissione Pari Opportunità Politiche di Genere e Diritti Civili della Città di Mesagne è patrocinato dall’Ambito Territoriale BR4, da Fai-Cisl Taranto Brindisi e Confronti e gode della collaborazione di molte associazioni di settore.

Dopo i saluti istituzionali del Sindaco di Mesagne Toni Matarrelli, del Presidente di BR4 Antonio Calabrese e di Antonio La Fortuna, Segretario generale di Fai-Cisl Taranto Brindisi, la serata verrà moderata da Anna Rita Pinto e Valentina Begaj, rispettivamente Presidente e Vice Presidente della Commissione Pari Opportunità organizzatrice dell’evento che, insieme agli autori del libro e agli interventi dell’avv. Uliana Gazidede, esperta del diritto dell’immigrazione e diritti umani e presidente della ETS “Casa delle Donne del mediterraneo”, Ira Panduku operatrice di centri antiviolenza e vice presidente dell’APS “Sud Est Donne” e Annamaria Scalera, assessore ai servizi sociali del Comune di Mesagne, guideranno un confronto con il pubblico sui temi dell’integrazione. La serata vedrà inoltre la partecipazione della violinista albanese Didi Tartari.

Sono passati più di trent’anni dall’inizio della migrazione albanese verso l’Italia e se oggi la comunità albanese rappresenta una delle collettività storiche più numerose e più integrate nel tessuto socioeconomico italiano è anche grazie all’apporto delle donne. Un universo femminile variegato, poliedrico, in cui energie, talenti, intelligenze e diverse professionalità si muovono sullo sfondo di un’origine, un’identità e una storia comune. Il libro “Donne d’Albania in Italia - riflessioni, testimonianze, emozioni ha l’obiettivo di offrire spazio ad una collettività ancora bisognosa di ascolto e riconoscimento da parte della società e che potrebbe fornire un glossario per capire la realtà migratoria di oggi, che rappresenta una delle maggiori sfide dell’Italia e dell’Europa.

Per meglio comprendere l’importanza di questo incontro e della stessa integrazione, facciamo un passo indietro per ripercorrere con la memoria ciò che provocò il grande esodo albanese sulle nostre coste.

Nella Repubblica Popolare Socialista d'Albania, Enver Hoxha aveva governato per quattro decenni con il pugno di ferro. Tra il 1945 e il 1990 furono condannati a morte mediante fucilazione, impiccagione o altro circa 5.000 uomini e 450 donne. Inoltre furono incarcerate 34.135 persone, di cui  1.000 risultano morte in carcere per i continui maltrattamenti. Da qui la crisi economica causata da una gestione conservatrice della cosa pubblica ed ulteriormente aggravata dall'operato dei direttori delle aziende statali e collettive, che, per vendicarsi della perdita del potere, avevano iniziato a sabotare e distruggere il sistema economico. 

Nel 1989 iniziarono le prime rivolte a Scutari (Shkodra), la gente chiedeva la demolizione della statua di Stalin. La rivolta si diffuse nelle altre città e il regime introdusse alcune liberalizzazioni, compresa la libertà di viaggiare all'estero, prima negata quasi a tutti.

A marzo 1991, tre mesi prima del massiccio sbarco, in Albania si erano svolte le prime elezioni pluraliste dopo 40 anni di regime totalitarista, ma non si intravedeva ancora il reale superamento del comunismo e il Paese era allo stremo. Uno sciopero generale e la pressione continua dell'opposizione cittadina, intendeva rivendicare un governo di coalizione che includesse anche i non-comunisti. Nelle elezioni successive, le consultazioni elettorali nel 1992, il Partito Democratico d’Albania di Sali Berisha uscì vittorioso e Ramiz Alia fu costretto a cedere allo stesso Berisha la presidenza della Repubblica. Nel giro di tre notti arrivarono a Brindisi già migliaia e migliaia di albanesi.

Il 7 agosto 1991, la nave mercantile Vlora, di ritorno da Cuba carica di zucchero di canna, durante le operazioni di sbarco nel porto di Durazzo, in Albania, venne assalita da una folla di migliaia di persone che avevano costretto il comandante a salpare per l'Italia e attraccare a Bari il giorno seguente. 

L’8 agosto 1991 avveniva il più grande sbarco di migranti mai giunto in Italia con un'unica nave. 20.000 albanesi arrivarono al porto di Bari, mettendo in crisi procedure e strutture deputate alle emergenze della regione Puglia e non solo. Durante l'entrata al porto molti si gettarono dalla nave ancora in movimento e nuotarono fino alla banchina cercando di scappare. Un momento chiave, questo, della ribellione del popolo albanese, in particolare dei giovani, che diventa una tappa significativa della storia recente delle migrazioni nel Mediterraneo.

Nei giorni a seguire, mentre le città erano deserte a causa dell’esodo estivo, gli albanesi, tutti impolverati, vagavano soli come fantasmi per la città. I brindisini rimasti in città aprirono le porte delle loro case e diedero loro da mangiare, li fecero lavare e offrirono quell’ aiuto iniziale fondamentale per farli sentire esseri umani. Infatti questi uomini e queste donne raccontarono lo stupore di trovare un posto non blindato, non armato dove avevano potuto attraccare, sottolineando che la città li aveva accolti a braccia aperte. Allora l'economia in Italia era buona e forse, in generale, c’era meno diffidenza di oggi e la generosità fu tanta.

Un anno dopo, nel 1992, il numero dei boat people nell’Adriatico cominciò a diminuire, ma il fenomeno degli arrivi a bordo di carrette del mare non si è mai davvero fermato con un nuovo picco nel 1997 e poi fino al 1999, quando ci fu la guerra in Kosovo e quindi migliaia di persone, anche albanesi, sbarcarono sulle coste pugliesi fingendosi kosovari. Drammatico fu l'episodio dell'affondamento della Catherine Riders con centinaia di profughi a bordo, il Venerdì Santo del '96. Molte di queste persone arrivavano da noi sulla scia del sogno italiano che avevano visualizzato anche seguendo la TV italiana, quindi l'idea di ricchezza facile.

In quegli anni a Brindisi era consistente il fenomeno del contrabbando delle sigarette e anche molti contrabbandieri interruppero i loro traffici per mettersi a disposizione nella distribuzione di cibo e beni di prima necessità, che la gente portava a ridosso della zona degli attracchi. Sui racconti riguardanti la criminalità albanese, bisogna dire che questa ha trovato terreno fertile alleandosi proprio con la criminalità italiana. 

Il caso dell’Albania rappresenta storicamente un esempio positivo di sviluppo, iniziato con un esodo ma poi evoluto in un cammino fatto di aiuti esterni e di stimoli interni che ha portato ad un livello di sviluppo della società e dell’economia. Per secoli le vicende del territorio dell’Albania si sono intrecciate anche culturalmente con quelle dell’Italia e dell’Europa e questo certamente ha avuto un peso. Così come ha avuto un peso particolare il rapporto molto ravvicinato di scambi con l’Italia.

A livello di istituzioni internazionali si avviarono diversi interventi di sostegno all'Albania: l’accesso al Programma PHARE, l’ammissione alla Banca Mondiale, alla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, all'OSCE, UNDP e Unhcr, ed al Fondo Monetario Internazionale. La guida fu affidata all'Italia, con l'operazione "Pellicano", che inizialmente avrebbe dovuto avere una durata di tre mesi, ma che fu successivamente prolungata fino al 1993.

Grazie a diversi fattori, l’Albania ha intrapreso la via che l’ha portata ad una significativa anche se relativa ripresa economica e, nel 2014, allo status di candidato all’ingresso nell’Unione Europea. 

Anna Rita Pinto

19.04.23

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