“Critici o criticoni?” di Anna Rita Pinto

Dopo il recente documentario “Ora tocca a noi - Storia di Pio La Torre” (2022), Walter Veltroni torna con il film

Quando incentrato sul tema della distanza storica e politica tra la sinistra di Berlinguer e la nostra contemporaneità. Per alcuni critici si tratta di un ritorno nostalgico, per altri di un moto per partire alla volta di un futuro ancora sconosciuto e incerto, ma anche colmo di speranza.

Quando racconta la storia di un uomo, Giovanni (Neri Marcorè), che nell'estate del 1984, poco prima di conseguire la maturità, finisce in coma a causa di un incidente e si risveglia dopo 31 anni nei panni di un adulto in un mondo che è radicalmente cambiato. L’accostamento più facile per Quando è naturalmente quello con il film del 2003  Good Bye Lenin! di Wolfgang Becker. Lì una donna si sveglia dopo otto mesi e scopre che il mondo dove viveva non esisteva più dopo il crollo del muro di Berlino.

Nel film di Veltroni, adattamento del romanzo omonimo dello stesso regista, gli idoli del protagonista sono morti insieme agli ideali. All’epoca dell’incidente era un compagno, manifestava per cambiare, lottava contro le ingiustizie, giocava a fare all’amore. Ed era finito a terra il 13 Giugno 1984 mentre partecipava al rito collettivo di cordoglio seguito alla scomparsa di Berlinguer, colpito in testa da una bandiera rossa con tanto di falce e martello, un tema particolarmente caro a Veltroni e già raccontato nel documentario Quando c’era Berlinguer. Tutto ciò che il protagonista conosceva, dopo il risveglio è diverso, a partire dalla sua famiglia fino al suo partito. Giovanni guarda il mondo con gli occhi di un bambino di cinquanta anni e proprio come un neonato deve imparare a muoversi e a capire cosa lo circonda. Ma in questo viaggio alla scoperta del mondo, Giovanni non sarà solo e imparerà ad affrontare questo presente a lui così sconosciuto e un lontano passato che prontamente si ripresenterà.

Di fatto molti sono stati i critici che hanno considerando debole e prevedibile la sceneggiatura di questo film, ma cogliendo i commenti del pubblico all’uscita sala, sembra invece che la storia abbia convinto ed emozionato, anche parecchio. È vero che alcune dinamiche della trama si risolvono troppo facilmente, com’è abbastanza vera, a un certo punto, una certa prevedibilità di sviluppo, ma non è vero, invece, che arrivare al pubblico non è mai cosa facile e che quando la platea ride o si commuove vuol dire che l’obiettivo è stato centrato? Ecco, questo è il caso di questo film.

Inoltre i critici – o i criticoni - hanno considerato solo uno “sfoggio gratuito di cultura cinematografica” le citazioni di altri film che Vetroni ha inserito all’intero suo, ma la domanda sorge spontanea: un’opera artistica è lecito che rifletta l’identità, le passioni o i temi cari all’autore? Veltroni si è diplomato all’istituto statale di Cine-Tv Rossellini di Roma e in questo film c’è il suo autoritratto culturale, politico e sociale. La sua personalità. Non fa una piega.

Al pubblico, dal più colto al generalista, non credo interessi davvero questa dietrologia, ma vuole solo passare due ore a godersi una storia capace di estraniarlo dalla quotidianità, che gli lasci qualcosa a cui pensare o magari no, ma ad ogni modo una storia che lo coinvolga, che lo faccia ridere o piangere, non importa, ma che lo faccia sentire parte di quel film nel quale, forse, troverà la sua godibile immedesimazione nel rivedere pezzi della sua vita.

Anna Rita Pinto

14.04.23

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