6^ Puntata – Altri documenti su Eugenio Santacesaria (di Domenico Urgesi)

Dopo la breve escursione sui fatti che condussero Santo Semeraro ed altri socialisti mesagnesi ad espatriare,

vediamo alcuni nuovi documenti su Eugenio Santacesaria. Torneremo prossimamente sul Semeraro e l’antifascismo mesagnese degli anni ‘20.

Qualcuno mi ha chiesto: Che faceva Eugenio in Francia? Come viveva? Ci mancano notizie dirette, ma un’idea, se pur vaga, ce la possiamo fare da alcuni articoli e corrispondenze giornalistiche, oltre che dai rapporti che le spie dell’Ovra inviavano ai loro referenti in Italia. Da vari appunti spionistici, si rileva infatti che, nel 1935, Eugenio è partecipe ed organizzatore di manifestazioni parigine contro la guerra e per la pace. E nel 1936 organizza manifestazioni in favore del regime repubblicano spagnolo.

Veniamo inoltre a sapere che Eugenio, nel 1933, era stato in contatto con l’ingegnere antifascista Raffaele Rossetti, ex-comandante di Marina, l’inventore ed esecutore dell’impresa che, il 1° Novembre 1918, provocò l’affondamento della corazzata austriaca Viribus Unitis. Il Rossetti, eroe della Grande Guerra, era stato – come Emilio Lussu – uno dei fondatori del Movimento Giustizia e Libertà e nel 1933 era il segretario del Partito Repubblicano Italiano (in Francia). Elettricista il nostro Eugenio, ingegnere industriale il Rossetti… Cosa stavano architettando? Il rapporto di una spia infiltrata afferma che Rossetti ed altri stavano allestendo una macchina fotografica con all’interno delle pistole che al momento opportuno sarebbero state in grado di sparare. Al momento, però, non possiamo fare alcuna ipotesi, solo congetture fantasiose.

Torniamo, quindi, alle notizie che possiamo trarre da alcuni documenti oggettivi:

Sull’Avanti!, organo del partito socialista italiano-edizione di Parigi, diretto da Angelica Balabanoff, del 5 novembre 1933, a pagina 2 leggiamo un necrologio non firmato, in onore di Giovanni Santacesaria, fratello di Eugenio. All’anagrafe di Mesagne, Giovanni Santacesaria risulta nato il 30 maggio 1880, di professione sarto.

“La morte di un amico

Ci giunge dall’Italia la triste notizia che a Mesagne è morto in questi giorni passati il nostro carissimo amico Giovanni Santacesaria fratello del nostro compagno Eugenio e cugino al compagno Semeraro.

Giovanni Santacesaria, seppur non fu un iscritto regolare del nostro partito, ne seguì con amore le sue lotte e fu sino alla sua morte un sincero ed attivo simpatizzante dell’Ideale di emancipazione umana. Di animo buono ed affettuoso, fu un avversario tenace del fascismo, del quale non ebbe timore di denunciare quando gliene si presentava l’occasione, le infamie e la politica di miseria a cui ogni giorno condanna il popolo lavoratore d’Italia.

Sano e robusto aveva da poco varcato la cinquantina, quando un male – ribelle a qualsiasi cultura della scienza – l’ha violentemente strappato all’affetto dei suoi cari parenti e degli amici tutti in mezzo ai quali lascia un vuoto profondo.

Ai funerali che sono riusciti una imponente manifestazione di cordoglio, vi ha partecipato una grande folla di amici e conoscenti.

Sulla bara del nostro povero amico scomparso noi socialisti inchiniamo le nostre ideali rosse bandiere ed esprimiamo alla famiglia ed ai nostri compagni le nostre sentite condoglianze.”

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Concludiamo con alcuni stralci di un accorato ricordo pubblicato il 24 aprile 1937, da Virgilio Marchetto sul «Nuovo Avanti!», settimanale del partito socialista italiano (Sezione dell’Internazionale operaia socialista), diretto da Pietro Nenni. Il Marchetto era un antifascista veneto, dirigente del Fronte Unico. L’articolo è pubblicato sul Giornale del partito socialista riformista; ed è finalizzato a valorizzare il valore politico, oltre che militare, del Battaglione Dimitroff, creato da antifascisti di tutte le tendenze, diversamente da altre formazioni esclusivamente comuniste o anarchiche o gielliste. Si tratta di una analisi molto lunga, dalla quale estraiamo soltanto i brani riferiti al nostro Eugenio.

Virgilio Marchetto: Come si è battuta la Compagnia italiana del Battaglione Dimitroff

“(Dal fronte, aprile 1937)

Quando venne l’ordine di tenersi pronti per salire in linea i compagni della nuova Compagnia italiana del battaglione Dimitroff tutti scattarono in piedi e intonarono «La guardia rossa». […]

[…]

Che dire della compagnia italiana del battaglione Dimitroff? Dire che si è distinta è banale ed è poco. Il suo contegno, il suo slancio, la sua combattività sono stati e sono superbi, superiori ad ogni elogio. Grazie alle capacità del comandante Carlo Penchienati – antifascista senza Partito – alle qualità dei vari capi-Sezione – Marchelli, Negroni, Rignianesi, Paulucci – e più ancora, forse, grazie allo spirito di disciplina, di abnegazione e di fraternità di tutti i volontari (comunisti, socialisti, democratici, cattolici, senza Partito) la Compagnia italiana si è imposta all’ammirazione dei compagni delle altre nazionalità tra i quali, come tra i fratelli spagnoli, gode di una particolare e meritata simpatia.

[…]

Quanti altri fatti ed episodi si dovrebbero ricordare! Bassi delegato politico della prima Sezione, e il nostro buon Carloni delegato della seconda, caddero in piena tormenta da eroi, da veri eroi del popolo. Si erano lanciati all’assalto con tutto l’ardore irresistibile della loro fede purissima, con tutto lo slancio impetuoso della loro altissima tensione ideale”.

Quanti nomi! Quante storie di vita, in quei nomi! Che cosa li spingeva a mettere in gioco la propria vita? C’era sicuramente la convinzione di essere dalla parte giusta della storia, e la volontà di svolgere – in quel turbinoso divenire della storia – una parte da protagonisti. Come Eugenio, essi avevano preferito lasciare i propri affetti piuttosto che arrendersi al sopruso fascista. Storie diverse, ma accomunate dallo stesso spirito: la convinzione che la rivoluzione socialista per un mondo senza differenze di classe fosse dietro l’angolo. Che il crollo dei regimi borghesi-capitalisti-fascisti fosse imminente. Convinzione che divenne presto mito; un mito duro a morire, fino ad anni a noi vicini. (continua)

(Domenico Urgesi)

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