Diego Ferdinando e la sua mesagnesità. Seconda parte. (di Domenico Urgesi)

[Pubblichiamo altri brani estratti dalla Introduzione di D. Urgesi all’opera di Diego Ferdinando,

Messapografia ovvero Historia di Mesagne [1655] = Messapographia sive Historia Messapiae, Lecce, Società Storica di Terra d’Otranto, 2020. Il volume è in vendita nelle principali librerie di Mesagne].

 

Le fonti di Diego

[…]

Le fonti basilari di Diego sono anzitutto quelle classiche: gli storici greci, Erodoto, Strabone, Pausania, da lui citati sia direttamente che attraverso le riletture umanistiche; allo stesso modo si avvale di Plinio, Virgilio e Festo. Copiosi sono i richiami da autori umanistici; Leandro Alberti e Gabriele Barrio sono suoi punti di riferimento, specialmente nel libro I della Historia Messapiae, come anche Lamberto Ortensio e Biondo Flavio. Non mancano Pontano, Facio, Sabellico, D'Alessandro, anche se in maniera un po’ defilata.

Le fonti della classicità greca e latina ricorrono specialmente nei primi due Libri. Notevole, per la trattazione dell’epoca romana, sembra anche il ricorso alla Historia Augusta, altra opera enciclopedica i cui estensori sono citati e/o parafrasati.

Continui e insistenti i riferimenti agli umanisti salentini, soprattutto Antonio De Ferrariis detto il Galateo il cui Liber de Situ Iapygiae (1558) viene citato molto spesso oltre che parafrasato; nei suoi confronti, il nostro riconosce continuamente un’autorevolezza indiscussa, attestata anche dal corografo Abrahamus Ortelius, che ne stampa un brano nella carta geografica della Apulia quae olim Iapygia [adottata nella copertina del libro ora pubblicato] inserita nel supplemento (1573) all’atlante Theatrum Orbis Terrarum, pubblicato più volte ad Anversa a partire dal 1570; è lo stesso brano che Diego commenta nella parte iniziale del suo ms., quella dedicata alla descrizione naturalistica della Iapygia. All’autorevolezza corografica dello stesso Ortelius, Diego si richiama più volte.

Un posto speciale occupa Virgilio, sulla scia della lettura fattane da umanisti quali Biondo Flavio e Lamberto Ortensio [Tateo 1983], ma soprattutto da Auctores di età romana imperiale come Servio Mario Onorato, privilegiato mentore di Diego, di Giunio Valerio Probo, e di Ambrogio Teodosio Macrobio (il quale aveva contribuito a rendere l’opera virgiliana enciclopedica e a diffonderla enormemente). Molto verosimilmente, questi autori che avevano fatto di Virgilio uno dei massimi “sapienti” dello scibile umano mitologico, storico, religioso e filosofico, agli occhi di Diego legittimano la validità storica della mitologia classica.

Accanto ad essi, però, non è da sottovalutare l’influenza dell’umanista Natale Conti, la cui opera Mythologiae sive explicationes fabularum libri X ebbe numerose edizioni tra la fine del ‘500 e la prima metà del ‘600 [v. almeno Costa 2004]. Sembra mutuato proprio dal Conti, ampiamente citato da Diego, il suo forte richiamo alla mitologia; come per l’umanista, i miti pagani sono completamente assorbiti da Diego all’interno della sua assoluta fede cristiana, alla quale sono ricondotti.

Tra i Salentini, oltre al De Ferrariis, molto citato è l’amico e collega del padre Epifanio, Girolamo Marciano (1571-1628); sono anche conosciuti e citati, elencandoli qui in ordine cronologico, Antonello Coniger (XV-XVI sec.), Quinto Mario Corrado (1508-1575) e Iacopo Antonio Ferrari (1507-1588), come pure Giovan Battista Casmirio (XVI sec.) e Giulio Cesare Infantino (1581-1636), la cui opera (a noi nota come Lecce sacra) è citata come “Sacrarum Lupiarum”. Varie volte Diego attesta le sue affermazioni con l’autorevolezza del padre Epifanio.

Ad eccezione della Lecce sacra, pubblicata nel 1634, le opere di Marciano, Coniger, Casmirio e Ferrari, rimasero inedite per lungo tempo; ma, evidentemente, Diego ne possedeva (o, almeno, ne aveva letto) i manoscritti circolanti al suo tempo. L’elenco in ordine cronologico può essere utile: la cronaca del Coniger (Recoglimento de più scartafi de certe cronache moderneet antiche de più coseet rinuate le cose socesse in questa Provincia de Terra d'Otranto), databile al 1512, circolò manoscritta fino al 1700; la lettera del Corrado (Ad Cives Uritanos Oratio) è datata al 1561; la Epistola apologetica del Casmirio, databile al 1567, è stata pubblicata solo recentemente [Casmirio 2017], ma circolava ms. ai tempi dell’autore; l’Apologia paradossica della città di Lecce del Ferrari (opera ultimata nel 1586 [Laporta 1977] ma, benché pubblicata soltanto nel 1707 in Lecce, anch’essa era nota ai contemporanei essendo circolata ms.); la già citata opera (s.d., ma ante 1628) del Moricino (1558-1628), ms. ben noto ai tempi dei Ferdinando e che troverà solo nel 1674 la necessità di essere pubblicata (ma plagiata) dal Della Monaca; la Descrizione, origini e successi della Provincia d’Otranto (s.d., ma ante 1628) del Marciano, anch’essa circolata ms. ai suoi tempi. Sul Marciano, in particolare, bisogna rilevare che questo autore è continuamente citato e parafrasato da Diego, a volte esplicitamente, ma più spesso implicitamente.

Innumerevoli i richiami, quasi sempre espliciti, a Giovanni Giovine, Giovanni Antonio Summonte, Marino Freccia, Pandolfo Collenuccio, dalle cui opere Diego attinge notizie e considerazioni in continuazione; meno citati Tommaso Costo e Angelo Di Costanzo. In un’ottica comparativa, alla luce delle notevoli differenze ideologiche e di impostazione storiografica, nonché della loro differente dipendenza dal loro specifico contesto politico, sarebbe da approfondire quanto di codesti Auctores Diego condividesse, e fino a qual punto. Anche perché Collenuccio, Di Costanzo, Costo, Summonte, Freccia, ecc., sono i capostipiti di varie tendenze (filo-angioina, filo-aragonese, antispagnola) che saranno proposte tra XV e XVIII secolo, sulla cui fortuna utilissime sono le considerazioni di autorevoli studiosi quali Antonio Lerra e Aurelio Musi [Lerra 2004] (che qui accenniamo solamente).

Peraltro, un altro illustre studioso, Angelantonio Spagnoletti, sottolinea che «… la ricostruzione della memoria municipale nel Regno di Napoli è organizzata su elementi facilmente riconducibili ad un unico modello: la fondazione eroica e leggendaria della città, la vita del santo protettore, il rinvenimento miracoloso del suo corpo, la costellazione di chiese e di edifici sacri, la cronotassi episcopale…» [Lerra 2004].

Questi autorevoli studiosi hanno, dunque, messo in evidenza il trasferimento agli storici-cronisti-storiografi locali di temi e modelli afferenti ai capostipiti napoletani, quali l’insistenza sui miti di fondazione di origine greco-romana, il tema della fedeltà, la dinamica del potere locale, il peso dell’agiografia, l’emergenza dell’antispagnolismo.

Troviamo questi temi in Diego Ferdinando, ma in una miscela del tutto particolare, in cui non sembra prevalere nessuna delle tendenze citate; insistente è, invece, il tema delle origini (incentrato sui Messapi) insieme a quello agiografico (incentrato su S. Eleuterio). La dinamica del potere è accennata nel ricordo della vicenda del pallio, ma soprattutto nel richiamo meticoloso ai privilegi [alcuni si possono apprezzare in Storia e Fonti Scritte] che Mesagne aveva ereditato dai sovrani angioino-durazzeschi, puntualmente elencati da Diego, teso a rivendicare alla propria patria l’antico status di città demaniale.

Ricorre spesso l’utilizzo di fonti ecclesiastiche come Eusebio di Cesarea e Lattanzio, il Venerabile Beda, S. Epifanio, Henschenius, ma soprattutto S. Agostino (il Doctor Gratiae), un epigono del quale, il monaco agostiniano Jacopo Filippo Foresti alias Eremitano, occupa un posto privilegiato nella narrazione del Ferdinando. Ma occorre aggiungere anche un’altra considerazione, più generale e complessiva: dalla narrazione di Diego emerge una Puglia incessantemente battuta da eserciti stranieri e da sciagure naturali; una narrazione che sembra ricalcare l’impianto degli Annales Ecclesiastici di Cesare Baronio, altro suo Auctor prediletto; considerazione che emerge da un sommario confronto tra l’intitolazione di alcuni capitoli del Baronio e di Diego e che meriterebbe, forse, un maggiore approfondimento. Il Martirologio del Baronio (presumibilmente nell’edizione del 1620), in particolare, fu la sua fonte privilegiata per attestare il martirio di S. Eleuterio a Mesagne; e Diego gli rimase fedele anche dopo la revisione fattane nel 1630 da Urbano VIII. Bisogna, però, notare che il Martirologio Urbaniano non chiuse definitivamente la questione del martirio di S. Eleuterio; tant’è che, ancora nel 1660, troviamo affermata, sebbene in maniera critica, la versione del martirio mesagnese in un Martirologio Agostiniano [Martyrologium].

[…]

Altro autore utilizzato da Diego fu Cieco da Forlì, alias Cristoforo Scanello, autore di una Chronicha universale della fidelissima, et antiqua regione di Magna Grecia, overo Iapigia divisa in tre parti, cioè di Terra di Otranto, Terra di Bari et Puglia Piana, stampata a Venezia nel 1575. La cronaca pugliese dello Scanello ebbe notevole successo, ma fu ritenuta poco autorevole già dagli studiosi dei secoli seguenti; la sua credibilità fu definitivamente demolita nel 1892 da Ludovico Pepe [Pepe 1892].

[…]

Per il periodo angioino-aragonese e quello del Viceregno, Diego si avvale del Summonte, del Giovine, di Paolo di Tarsia, di Paolo Giovio ed altri (compreso il Mannarino), ma soprattutto dei protocolli notarili, dei Tavolari, del “libro dei privilegi, conservato in Archivio” come dice lo stesso Diego (ossia il cosidetto “Libro Rosso”), dai quali trae e mette in risalto i numerosi e preziosi diritti concessi specialmente dagli Angioini, dai Durazzeschi e poi da Ferrante e suoi successori.

Nei due capitoli finora ignoti (Sepulchra ed Inscriptiones), i riferimenti sono soprattutto a Luciano di Samosata e ai Manuzio, Paolo e Aldo il Giovane. Nel capitolo sulle epigrafi mesagnesi, Diego espone quelle tramandate sia dal padre Epifanio che da lui viste, e si cimenta nella interpretazione del loro significato, anche per spiegare le incongruenze tra alcune versioni. In verità, alcune epigrafi erano state già pubblicate da Aldo il giovane, sulla base di comunicazioni inviate ai Manuzio da Quinto Mario Corrado (e da Giovanni Antonio Paglia), molto prima che se ne occupassero sia Epifanio che Diego Ferdinando. La vicenda ingenerò un po’ di confusione, poi perpetuata fino a Diego; un nostro supplemento di indagine ha consentito di ricostruirne in parte i contorni (ma ne diamo un accenno nel relativo commento a pié di pagina, nella traduzione).

Uno sguardo particolare merita la polemica insistente (ma espressa cortesemente) che Diego propone nei confronti di Giovanni Maria Moricino, l’autore dell’opera Dell’Antichità e vicissitudine della città di Brindisi. Opera di Giovanni Maria Moricino, filosofo e medico dell’istessa città, descritta dalla di lei origine sino all’anno 1604. Una copia di tale opera, di cui l’originale fu disperso, è custodita in Biblioteca Arcivescovile “A. De Leo” di Brindisi: ms. D/12, trascrizione datata al 1761. Essa fu pubblicata nel 1674 dal plagiario Andrea Della Monaca col titolo Memoria historica dell’antichissima e fedelissima città di Brindisi.

Il Moricino era un medico e filosofo discendente da famiglia veneta, nato nel 1558, morto nel 1628; nel periodo 1604-1605 ricoprì la carica di Sindaco a Brindisi, mentre nel 1613 vi risultava Auditore [Cagnes - Scalese 1978]. Oltre che a Brindisi, visse anche in Mesagne, dove insegnò retorica, logica e geometria a Epifanio Ferdinando; molto probabile, quindi, che una copia del ms. del Moricino fosse stata nelle disponibilità della famiglia Ferdinando. Evidentemente, per poterlo contestare, Diego ne leggeva il manoscritto; e, ad onor del vero, in molti casi ne riconosceva la piena validità. Perché, allora, questa polemica? Quasi certamente, la possiamo capire leggendo ciò che Moricino scrive a carta 16v del suo citato ms.:

“[…] Nel che non posso fare di non ridere la vana pretendenza di coloro che pretendono Misagne, picciola Terricciola distante da Brindisi otto miglia, esser Messapia Regia de’ Re Messeni e Capo de Salentini…”

e, rincarando poi la dose, aggiunge a c. 18r:

“[…] Molto più chiaro non esser quella Messapia la nostra Mesagne, che non serba orma di vecchiezza alcuna, e che chiamata da tutti i Letterati Mejaneum si arroga il nome di Messapia. Pensiero audace di D. Francesco Riccio Mesagnese, il quale siccome con lunghi Studi, e con molte belle Lettere avea se stesso tolto dal volgo, e nobilitato, volea anco con qualunque colorato modo nobilitar la Patria, e sottrarla dall’oscurità de Natali, e dalla presente fortuna”.

Dovettero sembrare molto offensive codeste parole del Moricino, tanto che Diego se le legò indissolubilmente al dito. Ma chi era Francesco Riccio? Era un canonico mesagnese vissuto tra XVI e XVII sec.; secondo Domenico De Angelis, fu insegnante di Epifanio Ferdinando nelle materie di Grammatica, Poetica, Lingua greca e latina, oltre che «molto amico di Paolo ed Aldo Manucci, coi quali, presa stretta familiarità in Venezia, la mantenne per mezzo di lettere fino all’ultimo dei suoi giorni» [De Angelis  1713]. Antonio Profilo ripropone la notizia [Profilo 1894].[…]

Aggiungo quanto scrive sul Riccio Epifanio Ferdinando il giovane nella citata opera Delle fameglie di Mesagne:

“D(on) Francesco fu Canonico, filosofo, teologo, Confessore, Poeta famoso latino, e Direttore integerrimo del Convento di Santa Maria della Luce, che colla sua assistenza fu nuovamente fondato nella mia Padria. Egli fu Confessore, e Direttore delle Monache fin mentre visse; e delle sue virtù, e bontà di vita, oltre alla Comune Tradizione, nel libro delle dette Monache se ne fa distinto il racconto”.

La famiglia Ferdinando, dunque, aveva avuto stretti rapporti sia col Moricino che col Riccio; ma, evidentemente, le maggiori simpatie andarono al Riccio. Nonostante lo spirito polemico che sostiene in buona parte l’opera di Diego, bisogna riconoscere che egli si mantiene fedele alle fonti utilizzate; in qualche raro caso ne è evidente qualche lieve distorsione (o, forse, integrazione?) e qualche lacuna; ma ciò non consente di mettere in dubbio la sua competenza.

(continua)

Riferimenti bibliografici

- Cagnes - Scalese 1978 = P. Cagnes - N. Scalese, Cronaca dei Sindaci di Brindisi, 1529-1787 (a cura di R. Jurlaro), Brindisi, Ed. Amici della «A. De Leo», 1978, p. 75 e p. 87.

- Casmirio 2017 = Iohannis Baptistae Casmirii, Epistola apologetica ad Quintum Marium Corradum, (a cura di R. Sernicola), Edisai 2017.

- Costa 2004 = V. Costa, Natale Conti e la divulgazione della mitologia classica in Europa tra Cinquecento e Seicento, in Ricerche di antichità e tradizione classica (a c. di E. Lanzillotta), Tored 2004.

- De Angelis  1713 = D. De Angelis, Le vite de’ letterati salentini…, Napoli, 1713, pt. 2.

- Ferdinando 1702 = Epifanio Ferdinando il giovane, Delle fameglie di Mesagne, ms. 1702.

- Laporta 1977 = A. Laporta, Introduzione, in I. A. Ferrari, Apologia paradossica della città di Lecce, Cavallino, Capone 1977.

- Lerra 2004 = Il libro e la piazza. Le storie locali dei Regni di Napoli e di Sicilia in età moderna, Manduria, Lacaita, 2004.

- Martyrologium 1660 = Martyrologium Romanum Illustratum Sive Tabulae Ecclesiasticae Geographicis tabulis et notis historicis explicatae…, Authore RP Augustino Lubin Augustiniano…, Lutetiae Parisiorum…, 1660.

- Pepe 1892 = L. Pepe, Il Cieco da Forli, cronista e poeta del secolo XVI, Napoli, Tip. dell'Accademia reale delle scienze, 1892.

- Profilo 1894 = A. Profilo, Vie, piazze, vichi e corti di Mesagne: ragione della loro nuova denominazione, Schena Editore, 1993, (rist. an. dell’ed. Ostuni 1894).

- Storia e Fonti Scritte = Storia e fonti scritte: Mesagne tra i secoli XV e XVIII: Documenti della Biblioteca Comunale «Ugo Granafei» (a c. di F. Magistrale, M. Cannataro, P. Cordasco, C. Drago, C. Gattagrisi, S. Magistrale), Fasano, Schena Editore, 2001.

- Tateo 1983 = F. Tateo, Virgilio nella cultura umanistica del Mezzogiorno d’Italia, in Atti del Convegno Virgiliano di Brindisi nel bimillenario della morte (Brindisi 15-18 ottobre 1981), Università di Perugia 1983.

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