La reazione di Mesagne dopo il delitto Matteotti (11.11.1924)

Cosimo Zurlo, presidente Anpi Eugenio Santacesaria Mesagne ci ricorda gli avvenimenti dopo l'assassino io di Matteotti nella nostra città con un brano preso dal libro “L’Unione dei Lavoratori – Società di Mutuo Soccorso nella storia di Mesagne”

 

“L’eco dell’assassinio di Matteotti (10 giugno 1924) giunse a Mesagne, senza particolari ripercussioni. Solo alcuni mesi dopo si verificò un moto di protesta e di ribellione contro i fascisti che prese lo spunto da una notizia, rapidamente propagatasi tra la popolazione, secondo la quale alcuni giovani socialisti erano stati aggrediti e malmenati all’uscita della scuola serale da un gruppo di fascisti.

Verso il tramonto dell’11 novembre 1924, una piccola folla, guidata da esponenti socialisti e comunisti, si riversò per le vie del paese. L’azione della folla fu talmente inaspettata e rapida che colse di sorpresa i fascisti, la cui sede, sita in via Albricci, all’angolo con via De’ Florenza, sprovvista di particolare difesa, venne presa d’assalto e devastata.

Tra i promotori della rivolta c’erano EUGENIO SANTACESARIA e PIETRO OSTUNI.

Al canto di Bandiera Rossa, mentre molta gente, dapprima frastornata e indecisa, si univa si manifestanti, il corteo di portò presso il Teatro Comunale, dove si teneva una rappresentazione alla quale partecipavano numerosi fascisti.

L’11 novembre, infatti, era festa nazionale perché ricorreva l’anniversario della nascita del re, Vittorio Emanuele III. L’irruenza della folla seminò il panico, costringendo diversi fascisti alla fuga per sottrarsi al linciaggio popolare.

La paura e l’impotenza dei fascisti furono pari a quelle delle forze dell’ordine, tanto che il maresciallo dei Carabinieri, presente allo spettacolo, non accennò alcuna reazione.

Sempre più numerosa, lasciato il Teatro Comunale, la folla si riversò verso piazza Porta Piccola. Intanto i capi della rivolta vennero avvisati che i miliziani si erano riorganizzati e attendevano armati la folla in via Castello per “caricarla”.

I dimostranti, allora, si divisero in gruppi e confluirono in via Castello da quattro punti diversi sorprendendo i miliziani e disarmandoli.

Incoraggiata dal successo, e quasi euforica, la folla si diresse verso la Caserma dei Carabinieri, occupandola.

Altrettanto accadde alla Stazione Ferroviaria e all’ufficio del telefono, dove Peppino De Nitto tagliò i fili.

Sulla strada Brindisi-Taranto furono istituiti posti di blocco. Ma verso le tre di notte cominciarono ad arrivare camion carichi di militari provenienti da Brindisi, Lecce e Taranto. Già durante la notte vennero operati i primi arresti. Vi furono 48 arrestati.

I 48 arrestati vennero processati presso il Tribunale di Lecce.

La pena fu mite in quanto pesò a loro discolpa il fatto che durante l’assalto alla sede del Fascio, in via Albricci, venne distrutto tutto ma non furono toccati i quadri di re Vittorio Emanuele III e della regina Elena.

Il Tribunale ritenne quindi essersi trattato di un attentato contro il Fascismo ma non contro la Monarchia.

Alla sommossa dell’11 novembre 1924 presero parte gli aderenti alla Sezione Socialista mesagnese, i quali guidarono il moto. Fra loro, oltre ai già citati Ostuni e Santacesaria, c’erano Attilio Blasi, fornaio, Cosimo Calvano, funaio, Francesco Camarda, macellaio, Antonio Caputo, contadino, Francesco Lupoli, mugnaio, Luigi Pasimeni, contadino, Giuseppe Radaelli, muratore, Ettore Vallo, sarto ed Edmondo Verardi, muratore. Costoro furono tutti colpiti dai provvedimenti dell’autorità giudiziaria, ma il 20 agosto 1925 furono assolti dalla Corte di Appello di Bari per amnistia.”

Dal libro “L’Unione dei Lavoratori – Società di Mutuo Soccorso nella storia di Mesagne”

Per offrirti il miglior servizio possibile questo sito utilizza cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego in conformità della nostra Cookie Policy.