Carmelo Colelli ringrazia Franco Poci, maestro della scuola elementare.

Si celebra dal 4 al 10 Aprile 2020 la “Settimana Italiana dell’insegnante” una settimana speciale in cui si può cogliere l’occasione per ringraziare

un insegnante, quest’anno voglio ringraziare il mio maestro della scuola elementare, il mesagnese Franco Poci e lo faccio con questo mio piccolo racconto di vita scolastica dal titolo:

 

Teletris a scuola

 

Era il mese di Aprile 1964, frequentavo la V^ elementare nella scuola Giosuè Carducci in Mesagne.

Le giornate erano belle, nell’aria si sentivano i profumi della primavera, mancavano poco meno di due mesi all’esame della V^ elementare; il maestro, noi in quegli anni lo chiamavamo “professore”, ci esortava ogni giorno a stare attenti, a studiare, a ripetere, perché all’esame si poteva essere anche respinti.

La mia classe come le altre quinte classi, andava a scuola solo di mattina, il pomeriggio prima si giocava per strada, poi si tornava a casa e si facevano i compiti.

La televisione, con il suo unico canale in bianco e nero, trasmetteva alle diciotto : “la TV dei Ragazzi”, venivano trasmessi sceneggiati, cartoni, programmi culturali, ne ricordo alcuni: “Gorki il ragazzo del circo”, “Rin Tin Tin”, “Giovanna, la nonna del Corsaro Nero”, “Clyde Cras Chup e Leonard” questo era un simpaticissimo cartone animato in cui un inventore un pò stravagante, aiutato dal suo piccolo assistente Leonard, realizzava all’impronta oggetti, li disegnava e, magicamente, diventano reali, utili, ma puntualmente qualcosa non funzionava alla perfezione e l’oggetto  causava  danni al suo ideatore.

Tra i vari programmi culturali ricordo: “Chi sa chi lo sa?” e “Teletris”, questo programma era condotto dal pugliese Silvio Noto.

Molti conoscono il gioco del “Tris”, il “Teletris”, primo gioco a quiz della televisione per ragazzi, aveva preso spunto proprio da questo: occorreva sistemare in fila i tre contrassegni a disposizione per vincere la partita.

Solitamente si fronteggiavano due classi di scuola media, lo studio aveva le sembianze di un’aula c’era una lavagna e su questa era tracciata una scacchiera con nove quadrati, le due squadre dovevano rispondere a domande di Storia, Italiano, Geografia, Matematica, ecc.

Dopo il sorteggio iniziale, la squadra, che aveva vinto il sorteggio, sceglieva una materia, il presentatore proponeva la domanda, se la squadra rispondeva esattamente poteva sistemare il suo contrassegno in una delle nove caselle, si sceglieva solitamente la casella al centro, se la risposta era errata o non era stata data, il presentatore forniva la risposta esatta e il gioco passava all’altra squadra, si andava avanti così, cercando di porre in linea i propri tre contrassegni prima della squadra avversaria.

La partita finiva quando una delle due squadre completava il tris.

Negli anni ’60, a Mesagne, non in tutte le case vi era un televisore, in alcune c’era solo la radio, noi ragazzi ci riunivano in casa del compagno che lo aveva e durante la trasmissione del gioco “Teletris” facevamo a gara a chi rispondeva per prima, alcune volte rimanevano tutti in silenzio e, attentamente, ascoltavamo la risposta, dopo, tornavamo a casa contenti perché c’eravamo divertiti e imparato cose nuove.

Questo bel programma non era visto solo dai ragazzi, ma anche da alcuni maestri.

Fu proprio nei primi giorni di Aprile 1964 che il nostro maestro ci propose, in classe, il gioco del “Teletris” come quello della televisione.

Fummo tutti entusiasti, lo chiamammo: “Teletris a scuola”.

La lavagna l’avevamo, era quella nera e pesante, girevole, bisognava costruire i contenitori per le domande.

A Mesagne, vi erano molte botteghe di falegnami e fu facile procurarci dei quadrati di legno compensato, tutti uguali, delle dimensioni di 15 cm di lato, con questi, incollandoli, realizzammo delle scatole che avrebbero contenuto le domande

Sulla lavagna tracciammo la scacchiera con i nove quadrati, le scatole per le domande delle varie materie erano pronte, l’euforia era tantissima, si poteva incominciare a giocare.

“No! Non possiamo ancora giocare, mancano le domande!” disse il professore.

Il caro professore, l’avevamo conosciuto quattro anni prima, era giovane, alla sua prima nomina, dal suo primo ingresso in classe aveva saputo attirare la nostra attenzione, era una persona attenta, fortemente empatica, in molti gli volevamo bene, ci spiegò che le domande le dovevamo formulare noi stessi, ci divise in squadre, assegnò ad ogni squadra una materia da sviluppare, oltre alle materie classiche ne introdusse una nuova: “La storia di Mesagne”.

Le squadre si organizzarono, scelsero un nome, crearono il loro simbolo, cominciarono a studiare le materie assegnate.

La mia squadra, aveva scelto il nome “Carmine”, come la chiesa vicina, il simbolo quello dei Carmelitani, al sorteggio, la materia assegnata fu: “La storia di Mesagne”.

Le altre squadre per poter studiare e formulare le domande avevano a disposizione libri ed enciclopedie, la mia squadra no.

Per reperire le notizie fummo indirizzati, dal professore, alla biblioteca comunale, questa era sistemata, in quegli anni, in alcuni locali a piano terra del palazzo del Municipio.

Ci recammo in biblioteca, fummo accolti da un signore, notammo subito un particolare curioso: sulla giacca aveva due maniche di stoffa nera a coprire gli avambracci, fummo sorpresi dalla quantità di libri sugli scaffali. Si allontanò, ritorno con dei quaderni, quelli con la copertina nera e il bordo rosso, che si usavano in quegli anni, li poggiò sul tavolo ed esclamò con tono serio:

“Fate attenzione a non sciuparli qua dentro c’è quello che cercate!”

Sulla copertina erano sistemate le etichette e su queste in bella grafia c’era scritto: “Storia di Mesagne”.

All’interno c’erano le notizie che cercavamo, erano tante, ogni rigo di quei quaderni rappresentava una scoperta fantastica, non potevamo completare tutto quel pomeriggio e chiedemmo se potevamo ritornare nei giorni successivi,

Il giorno dopo, raccontammo ai compagni la nostra esperienza, le notizie che avevamo scoperto, in molti furono entusiasti di conoscere la storia del nostro paese.

Tornammo altri pomeriggi nella biblioteca, le notizie sulla nostra Mesagne si susseguivano una dopo l’altra, apprendemmo che il palazzo in cui eravamo, era stato il convento dei Padri Celestini, scoprimmo che la Chiesa del Carmine era in stile Romanico ed era stata edifica intorno al 1300, le altre chiese  erano state realizzate tra il ‘500 e il ‘600 ed erano in stile barocco, che il castello era stato costruito dai Normanni nel 1062 e che Mesagne era circondata da una cinta muraria con 22 torri e tre porte di accesso.

All’epoca, non esistevano ancora le fotocopiatrici, copiammo a mano, avevamo il materiale per le domande del gioco.

Dopo una settimana ogni squadra presentò il proprio lavoro, tutti furono interrogati su quello che avevano studiato, l’interesse era notevole, furono presi appunti per studiare gli argomenti proposti dalle squadre avversarie.

Formulate le domande, il professore le raccolse, le esaminò, trascritte su dei cartellini tutti uguali e divisi per materie, infine sistemati nella varie scatole.

Ora si poteva partire col gioco del “Teletris a scuola”.

Prima di dare inizio alla competizione, il nostro caro maestro introdusse la regola più importante:

“Ogni squadra durante il gioco non poteva scegliere la sua materia, aveva, però, l’obbligo, qualora una delle squadre avversarie non avesse risposto alla domanda, di fornire la giusta spiegazione, e sarebbe stato lui ad indicare il componente della squadra che doveva rispondere.”

Il gioco era serio ed impegnativo.

Finalmente si iniziò a giocare e fu un gran divertimento per tutti.

Da Aprile sino alla fine dell’anno, ogni due tre giorni, solitamente nelle ultime ore di lezione, si giocava al “Teletris a scuola”.

Eravamo tutti attenti, preparati, facevamo gruppo, cercavamo di studiare insieme per aiutare chi era un po’ indietro.

Giocando e preparandosi per giocare, le nozioni delle varie materie si acquisivano con più facilità, c’era interesse a scoprire di più, non ci rendevamo conto ma giocando avevamo ripassato tutto quello che avevamo studiato durante l’anno.

Arrivò il giorno degli esami, lo scritto e poi l’orale, facemmo bella figura con la nostra preparazione nelle varie materie e, in particolare, per le nostre conoscenze sulla storia di Mesagne.

Sono passati tanti anni, quei giorni e quel gioco non li ho mai dimenticati, mi sembra di rivedere i volti dei miei compagni e del nostro caro maestro “il professore”, un innovatore, a mio avviso, per aver utilizzato un gioco per permettere a tutti noi di ampliare le nostre conoscenze.

Oggi, dopo tanti anni di lavoro, sento di dire grazie a quel maestro per avermi spronato a studiare, a ricercare, a scoprire, ad interessarmi alle varie discipline.

Ricordo anche, con molto piacere, quella volta, verso la fine dell’anno scolastico, in cui mio padre chiese notizie sul mio profitto e sulle mie capacità e lui rispose:

“E’ un bravo ragazzo in classe e attento, disciplinato, studia, si interessa ai vari argomenti, se la cava molto bene in matematica, si vede che gli piace.”

Poi guardandomi, con tono un po’ più severo aggiunse:

“Però tu puoi fare molto di più!”

Io quella frase, non l’ho mai dimenticata, l'ho messa in pratica.

Le sue parole, i suoi consigli, il suo credere in me, mi hanno permesso una vita migliore.

Ancora grazie caro “professore”.

 

Carmelo Colelli

 

 

 

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