... Ma la finestra c’era o non c’era?

Vi invitiamo a guardare un disegno, che è datato al 1596 circa; fu fatto da Cataldantonio Mannarino, nella sua opera “Storia di Mesagne”.

Domandiamoci: quante finestre sono disegnate? Di che tipo sono?

C’è qualcuno che fa finta di liquidare con 4 chiacchiere la storia del castello di Mesagne. Noi pensiamo che la storia è un affare che và maneggiato con i guanti, bisogna anzitutto studiarla; e, prima di scriverla, fare i conti con i documenti e con i monumenti. Soprattutto, bisogna rispettare le fonti storiche, considerandole nel loro contesto politico e sociale.

Aprire la finestra murata, secondo qualcuno, sarebbe un “falso storico”. E perché? Perché nella tela datata al 1660 circa, quella finestra non è dipinta. Ma la storia del castello comincia nel 1660? Prima che cosa c’era? Qualcuno vuole ignorare, deliberatamente (e cocciutamente), il disegno del Mannarino. Ecco, per parlare di “falso storico”, bisogna conoscere il “vero storico”. Guardate, e decidete voi: è falso il disegno del Mannarino?

Ora, che l’aria è rinfrescata... Dal confronto tra le due fonti (Mannarino e tela S. Oronzo), poiché sono degne di fede entrambe, emerge una domanda: che cosa è avvenuto tra 1596 e 1660? Come è stato trasformato il castello in quegli anni? Lui è là, in attesa di essere studiato, con i metodi oggi disponibili. Storici e tecnici, avanti!

Altro discorso è quello sul concetto di “bello”; altro ancora il discorso sulla difesa e valorizzazione del “bene culturale”. Ce ne asteniamo: non è il nostro campo. Ci limitiamo a dare il nostro contributo sui “falsi storici”. 

Perciò, vi invitiamo a rileggere un articolo che sintetizza un po’ di storia del castello di Mesagne.

La Redazione-

P.S. si riporta il contributo di Domenico Urgesi pubblicato qualche giorno fa.

Vari amici mi hanno avvisato di una discussione che si sta sviluppando sui cosiddetti social, [dove non ci sono per evitare le eccessive semplificazioni], sul tema “finestra sì, finestra no”; e vogliono sapere che ne penso.

Per quanto possa valere il mio parere, mi son domandato se Mesagne ha fonti storiche adeguate per sciogliere il nodo, o almeno per cominciare a vedere dove esso stia. Alcune fonti ci sono; altre andrebbero ricercate e divulgate. Intanto, ho fatto appello alla mia memoria e mi son ricordato delle parole di CataldAntonio Mannarino, nel capitolo 9 della sua Storia di Mesagne (Frammenti); [la pubblicammo l’anno scorso, ed è disponibile in qualche libreria di Mesagne, e anche online]; questa, per adesso, mi sembra la fonte più antica attualmente conosciuta, poiché datata al 1596. Dice (riferisco soltanto un brano dal quale possiamo trarre notizie per il caso in questione):

 “…E perché la meglior parte della vita solea detto Principe di Taranto [G. Antonio Del Balzo Orsini] menarla in Misagne, luogo delitioso per la ricchezza del territorio, per le delitie delle caccie, e per la serenità del cielo, riterato dalla confusione cittadinesca di Taranto, e d’altre sue popolose città, vedendo le rivolte continue trà Francesi, Aragonesi, e Spagnoli”, (…) “…volle, per quel ch’occorresse in dette rivolte, e seditioni, edificarsi questa torre, e castello in defension di sua persona (…), che resistesse ad ogni empito di nemico oltraggio, cosi come nel corso di poch’anni succedette, ch’assalita da’ Francesi nel colmo delle sanguinose guerre sostenne due grossissime bombardate, quasi deboli percosse d’inferma mano, una nel mezo, come si vede, e l’altra più in alto sotto la cima”.

Di cosa sta parlando il Mannarino? Sta dicendo: 1-che il torrione, con gli annessi, fu costruito dal Principe di Taranto nel pieno della sua attività (siamo intorno al 1430-1440 circa) tesa a rafforzare il suo Principato (una lunga storia, che accenno solamente). Mannarino, poi, si sofferma: 2-su un piccolo scontro militare, che avvenne a Mesagne nell’anno 1529, nell’ambito più ampio del conflitto internazionale per il dominio sul Regno di Napoli.

Mannarino non parla di alcuna finestra; però, nel suo ms. egli disegna la forma della “torre”, e là si vedono, chiaramente, due finestre sul lato Nord; quella di Nord-Est è la “finestra incriminata”. Si noti che egli disegna delle finestre ad arco, molto diverse dai finestroni attuali; inoltre, ne disegna 2 sul lato Est (una in alto ed una in basso); e 3 sul lato Nord (2 in alto ed una in basso). Da quanto scrive il Mannarino, quindi, si deduce che la torre ebbe a soffrire per i colpi di bombarda ricevuti nel 1529, tanto che ancora ai suoi tempi, 67 anni dopo i fatti, se ne vedevano i segni. Egli minimizza i danni, probabilmente per non dispiacere al marchese Giannantonio Albricci, al quale era dedicato il suo scritto; è chiaro, tuttavia, che Mannarino vuol evidenziare la solidità strutturale della torre nel suo insieme. Quali i colpi che la torre subì? Dice Mannarino: uno nel mezzo e l’altro sotto la cima. Non ci si può avventurare in ipotesi fantasiose, ma è certo che i danni ci furono. E…, quindi? Il castellano, e il feudatario, non dovettero correre ai ripari?

Mannarino non descrive, purtroppo, l’interno della torre. Lo fece, invece, il Regio tavolario Pietro Vinaccia nell’Apprezzo del feudo di Mesagne del 1731. Nella descrizione del primo piano della torre, Vinaccia menziona uno stanzone con tre finestre (due ad Ovest ed una a Nord-Ovest), dal lato opposto una cucina con finestra (lato Sud) ed un’altra stanza dietro la cucina (lato Nord, e di questa non menziona la finestra); quest’ultima stanza è quella con la finestra murata (Nord-Est) di cui si parla oggi. Per chiarimento, sottolineo che Vinaccia effettuò una valutazione del castello nel suo insieme, poiché esso doveva andare all’asta; e, pertanto, descrisse con precisione tutti gli ambienti, le porte e le finestre (perché avevano un valore). Poteva omettere la finestra di Nord-Est? Chi volesse, può seguire passo passo la descrizione/valutazione del Vinaccia, pubblicata dalla Biblioteca di Mesagne nel 2001. Per gli specifici dettagli inerenti il torrione, può leggere Il Castello di Mesagne (a cura di D. Urgesi), edito nel 1998, alle pagine 49-50, e confrontare il testo (del Vinaccia) con la cartina di pag. 48.

Allora, si può dire che: tra il 1529 ed il 1731, la finestra di cui si parla, fu tompagnata (brutto termine, ma è così) e coperta da un muro. Quando precisamente sono stati fatti questi muri? Per dirlo con certezza, bisognerebbe rintracciare documenti che attestino i lavori fatti; e non sarebbe impossibile.

[Apro una parentesi: ai miei tempi, una ventina di anni fa, realizzammo un progetto di ricerca e pubblicazione che sfociò nella collana “Documenti per la Storia di Mesagne” della Biblioteca Comunale. Furono coinvolti vari studiosi; e furono pubblicati numerosi volumi, che non sto qui ad elencare (alcuni li ho menzionati sopra). Bisognava continuare su quella strada, andando a scavare negli Archivi pubblici e privati (di Stato, Notarili, ecc,); ma dopo pochi anni, tutto si arenò: la cultura, si sa, è un impegno residuale delle Amm.ni Comunali. Sarebbe possibile oggi riprendere quel percorso? I giovani ricercatori ci sono; e finalmente potrebbero esprimere le loro potenzialità. Chiusa parentesi]

In mancanza dei documenti che ci dicano la data esatta della realizzazione dei muri, si potrebbe comunque fare l’analisi dei materiali, e delle tecniche costruttive, dalle quali si potrebbe risalire alla loro epoca. Peraltro, un’analisi strutturale completa (dei paramenti murari, degli interventi storici, dei fossati, oggi prati, ecc.) del castello nel suo insieme non è mai stata fatta. Non si potrebbero intercettare finanziamenti europei per fare qualcosa del genere?

Non oso avventurarmi in un settore che non è di mia competenza. Tuttavia, se dei muri furono fatti, ciò vuol dire che furono ritenuti necessari; insomma, nessuno, né il castellano, né il feudatario, spendeva soldi a casaccio. Quei muri avevano forse, una funzione di rinforzo, in conseguenza dei bombardamenti del 1529? Ed hanno ancora quella funzione? Mi pare una ipotesi non peregrina. Perciò, se si vuole aprire la finestra, si facciano prima le prove di staticità, i test di carico, i calcoli ingegneristici di stabilità, ecc.

Comunque sia, oggi si potrebbe ovviare alla funzione che quei muri hanno (o non hanno), con efficaci tecniche sostitutive diverse da quelle antiche. E, per farlo, servirebbe un’analisi dei costi e benefici. E qui il tema cessa di essere storico e tecnico, e la parola passa al Cittadino Politico. Questo mi sento di dire.

Colgo l’occasione per proporre l’apertura di un’altra finestra, a mio avviso più importante; una finestra virtuale, ma con una funzione non meno interessante di quella del torrione. Parlo di una finestra sul nostro passato identitario, una finestra sui personaggi storici che hanno dato lustro alla città di Mesagne, e sugli avvenimenti storici fondanti e caratterizzanti di questa città. Un paio di anni fa si era parlato di un viale delle “statue” da realizzare nella villa comunale, ad esempio, come ne esistono in molte città della Puglia.

Oppure si potrebbe realizzare un parco letterario: i letterati famosi non ci mancano: Mannarino, Epifanio e Diego Ferdinando, Maia Materdona, Francesco Muscogiuri, Giovanni Antonucci, Ciccio Bardicchia, ad esempio. Se ne ho dimenticato qualcuno, e qualcosa, il lettore sia benevolo con chi ha una certa età. E poi, ci sono i Messapi; e poi… c’è il Barocco; e poi… c’è una Biblioteca ricca di testi antichi e di cultura moderna; e poi… c’è un Museo invidiabile… E poi… c’è l’arte sacra; le tradizioni popolari… Siamo così ricchi: apriamo le finestre della nostra mente!

Domenico Urgesi

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