Liste di attesa e libera professione: lettera ai Procuratori della Repubblica per valutazioni di competenza.

In occasione della prima giornata nazionale contro la corruzione in sanità, svoltasi il 6 aprile 2016,

il presidente della Autorità Nazionale Anti Corruzione, Raffaele Cantone, ha indicato nelle liste di attesa uno degli snodi problematici della corruzione in questo settore. Le cause di queste attese sono varie ma nel gennaio 2017 il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, ne ha attribuito una notevole responsabilità all’attività libero professionale che i medici pubblici possono svolgere nei riguardi dei pazienti paganti in proprio. “Abolire l’intramoenia, fonte di diseguaglianza e corruzione” ha scritto su Twitter il presidente toscano annunciando un provvedimento legislativo con alcuni correttivi ed ha aggiunto: “La libera professione intramoenia ed extramoenia è ormai diventata un’indecenza, abolendola d’incanto spariranno le liste d’attesa.”

Ma quelle di Cantone e di Rossi non sono le sole voci critiche sul problema perché sono tante le censure che in modo incalzante vengono mosse nei riguardi di questo istituto, davvero singolare nel panorama della Pubblica Amministrazione, in forza del quale il medico del servizio pubblico può erogare la stessa prestazione nei riguardi dello stesso utente con spesa o a carico dell’erario oppure a carico del paziente. E per quanto riguarda la Puglia si è da più parti fatto presente che l’attività professionale sia intramoenia sia extramoenia esercitate dei medici del Servizio Sanitario Nazionale è la principale causa dell’allungamento delle liste d’attesa.

Il fatto è che la possibilità di effettuare attività privata rappresenta un’eccezione nello stato giuridico del pubblico dipendente, consentita ai medici in relazione non solo alle caratteristiche della professione, ma finalizzata a “… un corretto ed equilibrato rapporto tra attività istituzionale e corrispondente attività libero professionale e al fine anche di concorrere alla riduzione progressiva delle liste di attesa” cosicché l’entità delle attività libero professionali è condizionata al fatto che – come si legge nell’ Art. 15-quinquies, D.Lgs 502/1992 – “…devono essere comunque rispettati i piani di attività previsti dalla programmazione regionale e aziendale e conseguentemente assicurati i relativi volumi prestazionali e i tempi di attesa concordati con le équipe”. Tali intendimenti, di un quarto di secolo fa, normati in occasione della istituzione dell’ALPI (attività libero professionale intramoenia), sono stati via via ribaditi, ma di fatto non attuati, anche nell’Accordo Stato Regioni del 18 Novembre 2010 che specifica che finalità dell’accordo è il “… progressivo conseguimento degli obiettivi di allineamento dei tempi di erogazione delle prestazioni nell’ambito dell’attività istituzionale ai tempi medi di quelle rese in regime di libera professione intramoenia”.

La legge nazionale 120/2007 già prescriveva, tra l’altro, che occorre attuare un “monitoraggio aziendale dei tempi di attesa delle prestazioni erogate nell’ambito dell’attività istituzionale, al fine di assicurare il rispetto dei tempi medi”, che è necessario garantire “l’attivazione di meccanismi di riduzione dei medesimi tempi medi”, così come vanno prevenute “le situazioni che determinano l’insorgenza di un conflitto di interessi o di forme di concorrenza sleale” e si deve provvedere al “progressivo allineamento dei tempi di erogazione delle prestazioni nell’ambito dell’attività istituzionale ai tempi medi di quelle rese in regime di libera professione intramuraria al fine di assicurare che il ricorso a quest’ultima sia conseguenza di libera scelta del cittadino e non di carenza nell’organizzazione dei servizi”. Il Decreto Balduzzi del 2012 quindi, ponendo l’obbligo non più prorogabile di cessare le attività libero professionali allargate (vale a dire in studi privati), largamente disatteso da varie Regioni, riconosceva esplicitamente il fatto che il ricorso all’ALPI avvenisse per motivi di liste di attesa e prescriveva il “… progressivo allineamento dei tempi di erogazione delle prestazioni nell’ambito dell’attività istituzionale ai tempi medi di quelle rese in regime di libera professione intramuraria, al fine di assicurare che il ricorso a quest’ultima sia conseguenza di libera scelta del cittadino e non di carenza nell’organizzazione dei servizi resi nell’ambito dell’attività istituzionale”(Decreto legge 13 settembre 2012, n. 158). Anche l’Autorità Nazionale Anticorruzione fa presente che la Libera professione intramoenia si configura come un evento rischioso e richiama l’attenzione sia sulla connessione fra ALPI e le liste di attesa, sia sul tema della trasparenza dell’attività istituzionale e sollecita “… interventi mirati in tema di liste di attesa per le prestazioni rese in attività istituzionale” (Piano nazionale Anticorruzione 2016, Delibera n. 831 del 3 agosto 2016)

La Regione Puglia l’11 febbraio 2016 ha emanato il regolamento n.2 sulla questione, il quale tra l’altro ribadisce quanto la legge del 2007 aveva già prescritto: “garantire l’allineamento dei tempi di erogazione delle prestazioni nell’ambito dell’attività istituzionale ai tempi medi di quelle rese in regime di ALPI, al fine di assicurare che il ricorso a quest’ultima sia conseguenza di libera scelta del cittadino e non di carenza nell’organizzazione dei servizi resi nell’ambito dell’attività istituzionale. Controllare che i volumi delle prestazioni libero professionali non superino quelli eseguiti nell’orario di lavoro secondo criteri di omogeneità di tipologie di attività. Vigilare in modo che tutti i dirigenti in regime di intramuraria ovvero in regime extramoenia effettuino le prestazioni istituzionali, nel rispetto dei tempi medi stabiliti.“ In Puglia non è prevista la sospensione dell’intramoenia nei casi di sforamento dei tempi di attesa e si prevede, quasi a giustificazione, che la carenza di organico possa rappresentare una attenuante e una giustificazione per il disallineamento dei tempi tra l’attività pubblica e privata. La regolamentazione pugliese è quindi più “annacquata” e presenta al suo interno delle scappatoie. Sorge allora il sospetto che sia stata scritta con l’occhio prevalentemente rivolto agli interessi di chi fa l’ALPI piuttosto che dei cittadini.

Il predetto Regolamento Regionale Pugliese all’art 6 così si esprime: “Allo scopo di garantire il corretto esercizio dell’ALPI, nonché di verificare le eventuali condizioni di incompatibilità dei singoli professionisti o delle équipes di professionisti è costituito l’Organismo Paritetico di Promozione e Verifica dell’ALPI. Tale Organismo ha il compito di: controllare e valutare i dati relativi all’ALPI e i suoi effetti sull’organizzazione complessiva, con particolare riguardo al controllo del rispetto dei volumi di attività libero professionale precedentemente concordati, che tassativamente non possono superare i volumi di attività istituzionale assicurati; segnalare al Direttore Generale i casi in cui si manifestino variazioni quantitative tra le prestazioni istituzionali e quelle rese in regime di ALPI, ovvero variazioni qualitative ingiustificate; proporre al Direttore Generale provvedimenti migliorativi o modificativi dell’organizzazione dell’ALPI e del suo regolamento; esprimere parere preventivo al Direttore Generale in merito all’irrogazione di eventuali sanzioni agli operatori sanitari, in ordine all’ALPI; dirimere, in assenza del Collegio di Direzione, le vertenze riguardanti gli operatori sanitari in ordine all’ALPI.”

In una situazione segnata dal fatto che le indicate prescrizioni regolamentari non hanno sortito gli effetti attesi, in Puglia è stato positivamente accolto il disegno di legge (“Misure per la riduzione delle liste d’attesa in sanità – Primi provvedimenti.” 24.01.2018 ) a prima firma del Presidente della Commissione Bilancio Regione Puglia Fabiano Amati. Una iniziativa che intesa a ridurre i danni dell’attuale sistema in vista – aggiungiamo noi – dell’auspicata abolizione della libera professione espletata dai medici pubblici. Una proposta che, in una situazione caratterizzata dall’inammissibile lunghezza dei tempi di attesa messa in rilievo in questi giorni dall’ultimo monitoraggio eseguito dalla stessa Regione, prevede la sospensione della libera professione intramoenia in caso di marcata diversità nei tempi di attesa nella lista delle visite e delle prestazioni erogate dai medici pubblici in regime privato.

E lo stesso Amati il 13 Novembre ’18 a sostegno della sua proposta su un giornale si è espresso nei seguenti termini: “E’ una legge statale e non un’idea capricciosa a dire che i tempi di attesa in sanità devono essere sempre uguali: sia per l’attività pubblica che per quella a pagamento. E se non lo fossero, come provato da tutti, la norma regionale proposta svolgerebbe la funzione di rimedio attuativo della legge statale. In parole povere, li farebbe diventare uguali. Su questo non si può fingere, imbrogliare o scantonare e chiunque lo faccia è in malafede nei confronti dei cittadini in fila al CUP…Viviamo assorbendo continui sermoni di uguaglianza tra i cittadini e quando nell’unico settore dove i cittadini devono essere sempre uguali, e non solo ai nastri di partenza, ci dimentichiamo delle prediche, dell’uguaglianza e del fatto che i tempi di attesa ridotti al minimo sono livelli essenziali d’assistenza”. “Livelli essenziali” il cui fondamento è rinvenibile nell’articolo 117 lettera m. della nostra Costituzione. Parole assai chiare e pertinenti quelle di Amati sulle quali siamo completamente d’accordo e perciò chiediamo al Governo ed alle forze politiche di adoperarsi per mettere il Parlamento in condizioni di varare quanto prima un provvedimento legislativo che abolisca la possibilità di esercitare congiuntamente l’attività pubblica e privata. Ed in attesa che questo si verifichi facciamo appello al Consiglio Regionale della Puglia di approvare la proposta di legge Amati e a chi di competenza di vigilare perché le norme già in vigore vengano applicate nelle ASL pugliesi.

Tenuto conto che i tempi previsti nelle liste di attesa per le prestazioni del servizio sanitario pubblico risultano spesso tanto lunghi da provocare gravi ed in alcuni casi irreparabili danni alla salute dei cittadini, e specialmente di quelli le cui condizioni economiche non consentono il ricorso alla sanità privata, la presente nota viene inviata anche ai Sign.ri Procuratori della Repubblica in indirizzo per opportuna conoscenza ed eventuali valutazioni di competenza.

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