Sovranità popolare o sovranità individuale? Fascio-anarchismo o fascio-delirio? Oppure personal-sovranismo? O ego-sovranismo? (di Homo Videns)

La scena è questa. Un uomo anziano alla pompa di benzina; fa scendere il nipotino dell’età di 6-7 anni, e dopo aver armeggiato

al quadro del pagamento (per un bel po’), estrae la pompa dalla sede e la dà al nipotino. Questo non aspettava altro, l’acchiappa e preme sul grilletto, prima ancora di averla inserita nel serbatoio. Fortuna vuole che non ha la forza necessaria per farla partire; così il nonno aiuta il nipotino ad infilarla nel serbatoio e gliela lascia tenere. Alla fine, il nonno dà l’ok per l’estrazione.

Io, nel frattempo, ho indietreggiato un po’, non si sa mai…

Altra scena: Un centro commerciale in un giorno di ottobre; già autunno, ma ancora aria di estate. Una donna di  mezza età in abito corto, tipo vedo-non vedo. Sta cercando qualcosa negli espositori; si sporge a toccare un qualcosa che sta lontano, si piega, piega ancora per arrivarci, e immancabilmente scopre il deretano, con la sua biancheria intima. Poi si sposta più in là; stessa scena, imperterrita, come se stesse a casa sua.

Altra scena. Mercatino di antiquariato. Un uomo sta scaricando la sua merce, armeggia a montare tavoli e tavolini; la parte posteriore dei pantaloni si è abbassata fino quasi alla gamba; ma lui continua imperterrito a sistemare la sua mercanzia, come se stesse a casa sua.

Uno dirà: è cambiato il senso del pudore, oggi non siamo più bacchettoni come 40 anni fa. E, poi, uno è padrone del suo corpo, no? E quindi?

Quindi – così pare – negli ultimi 40 anni ci siamo abituati a scoprire il nostro corpo piano piano, a piccoli passi. 40 anni fa, se per errore si scopriva un po’ delle nostre parti intime, si provava un certo senso di vergogna, e si correva ai ripari: la propria immagine era come scalfita da una errata esposizione; o meglio, quella esposizione veniva considerata errata da chi per errore si fosse scoperto qualche parte intima. Oggi quella immagine non è più considerata errata, fino a non provare più alcun senso di vergogna: “Pensino quello che vogliono, gli altri: io sto bene così”.

Ecco quello che è accaduto: il giudizio su di me lo dò io stesso. Sono io il metro di me stesso.

E la stessa cosa è avvenuta su tutti i fatti, anche sui vaccini, sul coronavirus, ecc., anche sulla religione. “Il mio credo lo faccio io stesso; cosa sono le regole dei preti?”.

Similmente, se nelle scoperte scientifiche c’è ancora un margine di incertezza, se gli scienziati non sono concordi, allora la scienza me la faccio da me. Ciò 40 anni fa non era possibile; oggi internet, facebook, google mi danno la possibilità di cercarmi da me le notizie che fanno al caso mio. E quindi sono io il metro della mia conoscenza, posso dire fesserie senza vergogna, come posso usare il mio corpo senza vergogna, uso il mio cervello senza vergogna, le mie emozioni senza vergogna.

Se tutto questo è vero, allora siamo di fronte alla manifestazione estrema della hybris, il delirio di onnipotenza innescato non dalla fine delle ideologie, ma dalla fine del pensiero unico, ipostatizzato, riconducibile ad una matrice religiosa, univoca, per la quale ciò che accadeva era dovuto all’architettura divina. Questo tipo di pensiero pervadeva tutta la società, fino al 1700. Fu l’illuminismo a liberare l’umanità dal dogmatismo religioso e filosofico; lo sviluppo della scienza e della tecnologia illuse le élites e poi i popoli, dall’Ottocento in poi, che tutto o quasi era possibile. Sono cadute tutte le autorità, e infine, dopo tutte le varie fasi intermedie, oggi vige soltanto l’autorità del proprio io personale. Oggi si consuma tutto; tutto è masticato, digerito, voracemente. Non c’è più un collante che tenga insieme i fini del presente ed i fini del futuro. Il fine ultimo è il proprio interesse personale (tutt’al più familiare). “Ciò che mi conviene, non ciò che è necessario”. Ma: come posso sapere che cosa è necessario, se non ho la minima idea del nostro essere, di chi siamo, di che cosa è l’umanità.

Ecco su che cosa bisogna riflettere per capire che cosa è oggi il fascismo.

Cento anni fa, il fascismo era racchiuso in pochi slogan: “Tutto nello stato, niente al di fuori dello stato”. “Credere, obbedire, combattere”. Al di sopra di tutto stava la sovranità dello Stato e quella della Nazione.

L’ego-sovranismo di oggi è contro lo Stato, è contro il credere e obbedire. L’io-sovranismo di oggi è agli antipodi di quella forma di costruzione dello Stato e della Nazione. È per la decostruzione dello Stato e della Nazione; ed è un fenomeno globale, in Italia, in Europa, negli USA. L’ego-sovranismo è contro qualsiasi uniforme, contro qualsiasi ingabbiamento. Voglio vedere come faranno a governare quelli che si mettono alla testa dei senza-Patria, dei senza-Stato, dei bastian-contrari a tutto.

Il green-pass e il coronavirus sono diventati l’occasione per scatenare i bastiancontrari, quelli del no a tutto. E per esercitare il fascino dell’io-sovranismo sulle masse inconsapevoli.

Siamo talmente inconsapevoli che ci arrabbiamo quando la scienza (assimilata allo Stato) non ha delle risposte a tutto. Ci si aspetta che la medicina dia una risposta a tutto, ma secondo le proprie idee di medicina. Quando nel pronto soccorso ci si rifiuta di seguire i protocolli medici, è perché vorremmo che il medico seguisse il nostro protocollo, l’idea medica che noi ci siamo fatti nella nostra mente. E tuttavia, ci aspettiamo che lo Stato risponda immediatamente a tutte le nostre aspettative, ai nostri sogni. L’idea del progresso lento, faticoso verso la verità e la conoscenza è quanto di più lontano ci possa essere, non ci sfiora. Siamo contro lo Stato, ma vorremmo lo Stato-mamma. Già: così ha detto un ristoratore famoso: lo Stato deve cullare le minoranze che non si vogliono vaccinare

In questo momento, tocchiamo con mano il fallimento che il ceto intellettuale ha al suo attivo nella vicenda del coronavirus. È stato fondamentalmente assente, complice anche la scarsa consapevolezza da parte dei governi della necessità di far capire che ci si trovava di fronte ad un nemico sconosciuto e che la battaglia sarebbe stata lunga e non sempre lineare. Bisognava far capire che la scienza non avanza per certezze acquisite una volta per tutte, far capire come funzionano i virus, come funziona il corpo umano, ecc., con una specie di “non è mai troppo tardi”, un grande progetto di alfabetizzazione scientifica di massa. Nulla di tutto questo.

C’è un altro concetto su cui riflettere: il territorio. Oggi ognuno ha il proprio territorio in cui si sente sovrano. Fino a qualche anno fa era soltanto la casa; oggi c’è facebook, il proprio sito internet (viene chiamato dominio), o qualcosa di simile, dove ognuno si costruisce la propria sovranità.

Riflettendo su questo, non si può dimenticare che il movimento operaio ha combattuto – nel ‘900 –  la sovranità padronale, tendendo a portare la Costituzione e le leggi all’interno del dominio capitalistico; c’era la consapevolezza di dover limitare l’abuso del dominio e della sovranità padronale (che coincide con l’anarchia capitalistica=corrispettivo odierno dell’anarchia feudale). Sebbene in maniera magmatica, le grandi lotte del movimento dei lavoratori tentarono, con qualche successo fino ai primi anni ‘80, di porre un freno alla diffusione dell’assolutismo anarchico capitalistico. Tuttavia, la razionalità anarco-capitalistica è dotata di una forza incomparabile; e nel secondo Novecento, ha diffuso la sovranità territoriale dalle grandi fabbriche ai servizi, alla piccola azienda. La marcia dei 40.000, il 4 ottobre 1980, sancì il diritto dei padroncini ad esercitare il dominio capitalistico.

Se questo processo storico è stato, forse, compreso, non c’è altrettanta consapevolezza sull’infiltrazione del dominio capitalistico nei nuovi media e sulle sue conseguenze. Nel primo ventennio del 2.000, il salto creato dai nuovi media ha diffuso la sovranità capitalistica a tutte le forme di comunicazione. Il telefonino, internet, facebook hanno creato un nuovo spazio di sovranità personale. Così oggi, tutti i cittadini sono legittimati ad esercitare la sovranità anarco-capitalistica nell’ambito personale. Facebook è diventato lo spazio del proprio dominio; e sappiamo che a volte è un vero e proprio teatro di guerra. Come spiegare altrimenti, in una prospettiva storica, quelle scene che vi ho raccontato all’inizio?

Tende, così, a sparire uno degli elementi costitutivi di uno stato-nazione: il territorio. Non c’è più un territorio nazionale: “il mio territorio è la mia casa, la mia auto, il mio profilo facebook, il mio corpo, la mia religione”, etc.

In tutto questo processo, alla fine la verità non è più ciò che è sottoposto a verifica, falsificazione, etc., ma è la mia verità; ognuno si fabbrica, da sé, la sua verità.

Stiamo forse toccando con mano la realizzazione della “morte di Dio”, la fine di ogni punto fermo, di ogni punto di riferimento. Grande è la confusione sotto il sole.

(continua)

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