Molfetta-Mingolla al rush finale. Ultime ore di campagna elettorale. Domani il ballottaggio (G. Florio).

I due candidati ciascuno con il proprio stile hanno battuto tutti i quartieri della città.

Strada per strada, piazza per piazza, la città sembra appaltata alle truppe cammellate in campagna elettorale, in questo scorcio di settimana a stretto ridosso del turno di ballottaggio: se Dio vuole, lunedì prossimo i tifosi più esagitati torneranno a latrare nei bar, delegando le questioni serie ai pochi vincitori ed agli ancor meno vinti.
Non se ne può più: è questo il sentimento prevalente, perlomeno in una comunità che, già incastrata nelle mille angustie quotidiane, viene tediata – quando non importunata – dalla forsennata propaganda dei supporters. I candidati sindaci, in realtà, stanno facendo la loro parte con encomiabile garbo, salvo qualche sporadica (e forse ammissibile, data la tensione) caduta di stile. Gli altri, dai vassalli ai troppi servi, no. Brutali i modi, ignobili gli argomenti, mentre Facebook diventa una sorta di sputacchiera pubblica. Ormai i limiti sono stati superati, ben al di là della frenesia degli agit-prop. Se qualcuno accusa il candidato sindaco democratico Ninni Mingolla di essere un «burattino nelle mani dei vecchi del partito», ignorando la sua costituzione antropologica liberale, non manca il figuro abietto che argomenta disgustosamente come Pompeo Molfetta abbia utilizzato una immane tragedia personale a fini elettorali.
Il problema vero, però, è che davvero in pochi – tra i comandanti in campo – si sono peritati di isolare gli avvelenatori di pozzi, espellendoli da un consesso che in premessa sarebbe dovuto essere civile.
Molfetta, reduce dall’influenza, ha concluso con successo il suo originale giro di comizi in cima ad un apecar arringando il suo popolo tra il serio ed il faceto, richiamando con forza alla concordia civile: «Il virus inoculatomi da “quelli” del PD non ha avuto gli effetti sperati, sono ancora qui! La campagna di odio che qualcuno cerca di alimentare mi scivola addosso, io voglio bene a tutti, anche a quelli che non mi voteranno, la città ha bisogno di pacificazione».
Dal canto suo Mingolla ha optato per una campagna vecchio stile, impegnandosi nel porta a porta e battendo minuziosamente tutti i quartieri, pure con uno squadrone di big appresso: per contattare uno per uno gli elettori, si sono scomodati – oltre ad un bel po' di giovani - addirittura Cosimo Faggiano, Damiano Franco, Vincenzo Montanaro, segno che la battaglia è di quelle epiche.
Se da un lato si attende il sorgere di un nuovo sole, dall’altra parte della città, a Palazzo dei Celestini, è calata l’ombra che svettò sulle ultime ore di Pompei. Così stupisce appena l’ultimo capolavoro della giunta Scoditti: il blitz con cui si è deciso lo spostamento delle impiegate comunali Paola Sconosciuto e Concetta Montesardi da un ufficio all’altro, contro la loro volontà, assente la firma della vice segretaria generale Lucia Gioia, la quale avrebbe negato il proprio assenso giudicando inopportuno tale provvedimento a pochi giorni dall’insediamento della prossima amministrazione.

Giuseppe Florio

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