A caccia di voti anche in bici e motoape. Una campagna elettorale porta a porta.

Scoccherà tra una settimana esatta la campana del ballottaggio, eppure (e nonostante gli ormoni in subbuglio) oggi si profila una domenica di tranquilla ordinarietà.

Rilassati, di più: scanzonati i toni di Pompeo Molfetta, candidato sindaco della coalizione “Diamoci una mano”, impegnato a girovagare allegramente per le strade ed i quartieri della città ora in sella alla sua bicicletta vintage, ora alla testa di un festante corteo spontaneo di aficionados, un po' alla maniera del pifferaio di Hamelin. L'ultima trovata è quella di improvvisare comizi, in equilibrio instabile sul retro di uno scalcagnato apecar, in diverse zone di Mesagne. Venerdì è stata la volta del rione Grutti, domani toccherà a Sant'Antonio e via dicendo. Reazioni della gente: tra lo stupore e la preoccupazione, «ma questo è un po' strano, che sta combinando?». Eppure, la testardaggine di Molfetta la sta avendo vinta sui pregiudizi che pure pesavano su di lui: è scontroso, umorale, caratteriale.

Partito in solitudine alla fine della scorsa estate, questo medico un po' masaniello e un po' guevarista si è tracciato la strada da solo. D'altronde la scommessa era proprio quella: «Il mio progetto non deve corrispondere alla sommatoria delle forze politiche, io mi rivolgo direttamente ai mesagnesi, se non ci crederanno loro io avrò perso in partenza». Così, al di là della propaganda elettorale (ricette semplici, tanto colore e slogan di facile richiamo, come “Il mio voto libero sei tu”), il dottore Molfetta è diventato nell'arco di pochi mesi Pompeo per un bel po' di gente, almeno per il 48%, e si vedrà se sarà bastato per vincere e diventare il prossimo sindaco.

Dall'altro canto, il medico sfidante era già Ninni per tutti, e questo per la città intera, anche se ha beccato il 27% dei voti appena e «meno male come ci è andata», soffiano tirando un sospirone quelli del PD. Ma le difficoltà sono evidenti, e non solo per i giornalisti faziosi. La sua campagna elettorale ha un po' arrancato, la capacità di penetrazione in una opinione pubblica maggioritaria sembrando spuntata, e cioè al di sotto delle naturali aspettative. Con tutta probabilità, Mingolla – persona veracemente amabile, professionista stimatissimo – ha scontato sia una partenza in netto ritardo rispetto al competitor, causata dalle diffidenze sulla sua figura di una parte del PD, sia le difficoltà dello stesso PD a presentarsi con una carica di discontinuità rispetto al passato recente e remoto.

Ciò detto, se lo «zero a zero» da cui i democratici credono di poter ripartire domenica prossima sembra improbabile, è pur vero che l'«uno a zero» da cui verosimilmente parte Molfetta potrebbe essere ribaltato, come insegnano tanto le competizioni sportive, quanto quelle elettorali. La strategia – politica e comunicativa - fin qui consumata da Mingolla e company dovrà tuttavia mutare di segno: sarà più proficuo rispondere al sorriso, all'entusiasmo, al brio di Pompeo con strumenti di pari natura. Mingolla assecondi le proprie corde, si comporti come ha seminato nel corso della sua esistenza pubblica e privata, eviti di prestare ascolto alle sacche di stalinismo ancora insistenti dalle sue parti, col sangue agli occhi per la paura di perdere il controllo della cosa pubblica. Sorrida come nella posa del suo bel manifesto, aspetti il fischio di inizio e attenda seraficamente il novantesimo.

Giuseppe Florio

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