Chiudere un pezzo di storia nazionale (di Giuseppe Florio).

Il tema è quello, classico ma non scontato, di dipanare i nodi della nostra storia nazionale. Per il terrorismo fu l'allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga a porre incessantemente la spinosa questione del superamento politico degli «anni di piombo»,

proponendo «una più corretta lettura storica, politica, ideologica e sociale di una tragica fase della vita del Paese», finanche ipotizzando l'amnistia per alcuni terroristi.

Fatte le debite proporzioni, gli anni che servirono allo Stato per combattere e vincere il fenomeno del contrabbando in Puglia (un fenomeno, forse è il caso di rammentarlo, inequivocabilmente criminale e feroce) furono anni equiparabili ad una sorta di guerra. Anni cioè in cui si ingaggiò un conflitto anche sproporzionato sul piano delle armi, della logistica, degli eserciti: a favore della controparte criminale, doviziosamente attrezzata e dunque per lungo tempo vincente ed assassina.

Il pronunciamento della Corte di Cassazione – nessuno intende discuterne nel merito – che sancisce la definitiva condanna del vice questore in pensione Pietro Antonacci sembra restituire una verità storica non convincente: ovvero che egli stesso abbia deviato dai binari della responsabilità morale e materiale ed abbia condotto in solitudine (alla guida di uno sparuto branco di pistoleri) una battaglia fuorilegge contro il contrabbando. Una scheggia impazzita, insomma, magari ebbra del potere di vita e di morte che una mitraglietta può conferire.

Pietà, certamente, infinita per l'uomo trucidato durante quella notte tragica; ucciso forse (e qui sulle opinioni vince la balistica) da Antonacci. Ma può bastare una sentenza a distanza di venti inaccettabilmente lunghi anni a chiudere quel pezzo di storia brindisina che è a tutti gli effetti un brandello di storia nazionale? Un 65enne stimato dall'intera comunità cittadina, insignito (da vivo!) della medaglia d'oro al valore civile per motivazioni eroiche, entrerà «ad horas» nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, con la prospettiva di restarci per quindici anni. E' sufficiente per gli storici che paghi a così caro prezzo Antonacci, vittima di caricaturale mutazione genetica, da servitore dello Stato a cowboy fuor di senno? E' sufficiente al ceto istituzionale dell'epoca, in gran parte ancora oggi attivo o vigile, la spiegazione che tutto ricada sulle spalle di un sol uomo, e non piuttosto che si sia trattato di una condivisa strategia politica emergenziale?

Se quella sentenza affronta e risolve i drammatici inghippi di quel periodo, si accetti allora a cuor leggero che Antonacci vada a morire in gabbia. Se invece una riflessione più profonda e franca dovesse dimostrare che Antonacci ha servito fedelmente, magari anche incorrendo in errori capitali, lo Stato democratico,  ebbene non lo si abbandoni al suo destino. Magari una mobilitazione vasta e memorabile potrebbe aiutare nella concessione della clemenza presidenziale. In ogni modo ciascuno ricordi bene che la pusillanimità nuoce gravemente alla democrazia.

Giuseppe Florio

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