Una politica rinnovata di idee, di uomini e di leadership a Brindisi come in Italia

Non sono mai stato convinto su un certo modo di fare politica degli ultimi anni.

Lucrare sulle disgrazie altrui o sperare che accadano disgrazie ai propri avversari crea solo tifosi,incattivisce,abitua a scorciatoie,crea trasformismi. Così come non sopporto il classificare o il qualificarsi sulla base dell'esaltazione acritica del potente politico di turno o dell'avversione settaria ad esso. Ieri berlusconiani o antiberlusconiani,oggi renziani o antirenziani. Oppure in Puglia,con Emiliano o contro di esso.

Questo modo di intendere la politica ha formato un ceto politico spregiudicato,mediocre e opportunista,selezionato non sulla base di idee,di principi,di valori,ma solo per fedeltà,per attaccamento al potere e per i voti che si portano in dote. Anche la sinistra non è stata e non è immune.

I partiti,per meglio dire i simulacri che sono diventati,sono considerati ormai degli autobus su cui salire e scendere a proprio piacimento e secondo le convenienze individuali o l'interesse per le fermate più comode.

Tra coloro,per esempio,che a Brindisi negli ultimi anni hanno dominato la scena sono più quelli che hanno cambiato campo,partito,liste che quelli,ormai pochissimi,rimasti coerenti e impegnati sempre dalla stessa parte. E quando non bastano più i partiti si dà vita a liste civiche che con il civismo non hanno niente a che fare e che,come dei centri di raccolta e di smistamento,servono solo a consentire a chi ha i voti di utilizzarle per arrivare più comodamente nei consigli comunali (il caso di Impegno sociale è emblematico). E poi si può cambiare anche in corso d'opera.

Si dice che è il risultato della personalizzazione e della centralizzazione della politica nazionale e della spoliticizzazione di quella locale.

Anche in questo caso Brindisi fa storia. Il notaio Errico in un una sola tornata elettorale,che sarà ricordata per la presenza confusa e diffusa di tanti candidati in liste e coalizioni che sembravano,per la verità,tutte identiche,è riuscito a cambiare più volte campo,appoggi,collocazioni,spinto solo dal suo io e dai suoi rancori contro emiliano e il PD,partito di cui,bontà sua,deteneva la tessera (non numerata) numero uno.

Io dico invece che è la conseguenza della deresponsabilizzazione,della fuga dalle idee,del trionfo degli egoismi e dei protagonismi. Rimango pertanto convinto che la paura del confronto, la comoda rimozione o l'assenza di punti di vista diversi sul mondo,sulla vita delle persone,sul lavoro,sui diritti e la dignità dell'uomo,è alla base della crisi della politica. Essa nasce anche di qua,dalla mancanza di idee e di valori senza i quali a prevalere è solo la ricerca di posizionamenti individuali e di convenienze.

I continui cambiamenti di casacca,lo stare con disinvoltura,ieri da una parte ed oggi dalla parte opposta,vengono giustificati ricorrendo ad un senso comune,comodo per un certo ceto politico e costruito sul concetto che non esiste più destra e sinistra. Questa concezione ha determinato una convinzione diffusa,anche se portatrice di guasti politici profondi: quello che conta è la persona e non le idee o i programmi. Quello che conta è il potere da gestire sempre e comunque.

La politica è intesa e vissuta ormai come occasione per essere premiati e ricompensati. Un vecchio dirigente del PCI mi disse una volta che la militanza, l'impegno politico è "un sacrificio senza speranza di premio". Altri tempi!

Credo,però,che si sia passati da un eccesso ad un altro,dalle ideologie e dalla loro rigidità fideistica, da quel tipo di militanza, alla fedeltà e alla tifoseria attorno ad una persona e al potere.Adesso,dopo il ventennio di Berlusconi è di moda Renzi,il suo governo e le sue alleanze e,per molti,la sua sopravvivenza. E' l'ora dei renziani e degli antirenziani. Le divisioni e le differenze si valutano non per le idee o per i giudizi sulla attività o le scelte del governo ma sulla base del "con chi stai". E,secondo i momenti e le condizioni determinate dalla gestione del potere, il ceto politico e chi vuole "impegnarsi" a fare politica, si colloca per essere premiato o ricompensato.E se poi il potere si trasferisce da una persona ad un'altra,si trova il modo,con facilità e disinvoltura,per passare ad un'altra lista o ad altro partito,per stare assieme a chi era considerato ,fino a ieri, nemico,corrotto,irresponsabile,cattivo politico e amministratore inaffidabile. Anche qui,Brindisi fa scuola. Basta dare uno sguardo alla composizione della vecchia e nuova amministrazione e ai candidati che componevano "tutte le liste" delle ultime elezioni. A soffrire è sempre più la politica che così diminuisce la sua credibilità aumentandone il discredito. Se poi a governare o ad amministrare o ad essere eletti rimangono sempre gli stessi e' evidente perché il cambiamento è diventata la parola più usurata,la meno credibile e la più lontana dal suo stesso significato. Ben oltre il tanto richiamato Tommaso di Lampedusa con il suo Gattopardo.

La politica potrà riscattarsi solo,se cercherà un contatto vero e nuovo con i cittadini,nelle realtà in cui si vive,si lavora e si studia. La politica è primaditutto una relazione umana; se si riduce solo a un prodotto di marketing,a convenienza,a gestione clientelare del potere,smarrisce la sua anima più profonda e nobile. Solo un lavoro lungo e tenace può ridare dignità alla politica. Un lavoro che il PD e la sinistra anche a Brindisi dovrebbero iniziare a fare con rigore,capacità inclusiva e coraggio senza aspettare o sperare che accada qualcosa....

Carmine Dipietrangelo

 

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